<p><em>A proposito di certe tendenze linguisticamente cacofoniche oggi di moda</em></p>



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<p>Sono in molti che hanno osservato negli articoli di nostra pubblicazione un uso delle parole da loro definito “scorretto”: “politicamente scorretto”.</p>



<p>Rispondiamo una volta per tutte e – soprattutto! – chiariamo una volta per tutte. La lingua ed il rispetto della lingua è cosa seria, per noi è cosa seria.</p>



<p>Perché dovrei dire, &#8220;sindaca&#8221;, &#8220;assessora&#8221;, &#8220;ministra&#8221;, &#8220;architetta&#8221; quando facciamo riferimento a donne, ma non posso dire &#8220;omicidO&#8221; (al posto di omicida), &#8220;pediatrO&#8221; (al posto di pediatra), astronautO, geometrO, camionistO, baristO, giornalistO, ecc. quando sono uomini?</p>



<p>Questa nuova usanza che fa presumere un “politicamente corretto” (nascondendo in realtà un’ipocrisia, questa sì ributtante…), è un’offesa alla lingua ed un inno all’ignoranza, all’ignorante, ovvero colui/colei che non ha alcuna idea di come funzionino le lingue avendo rinunciato a studiare ed accontentandosi delle neolauree assegnate tramite navigazione social.</p>



<p>Il valore della parole ed il loro significato sono legate ad una caratteristica essenziale ed insostituibile: l’etimologia.</p>



<p>Perché la maggior parte delle parole della lingua italiana derivano dal latino o dal greco.</p>



<p>La formazione delle parole non è un’azione arbitraria da adattare ai nostri capricci o alle mode, men che meno alle ipocrisie di un deleterio e gratuito “politicamente corretto”: in linguistica è fondamentale tenere conto della loro derivazione.</p>



<p>Ed allora, ricordando che l’italiano trae la sua origine dalle due lingue classiche, latino e greco, richiamiamo alla memoria alcuni particolari: i nomi che terminano in -ista, -iatra, -cida, -nauta -metra (ma anche alcuni sostantivi come, ad esempio, &#8220;collega&#8221;) arrivano in italiano già con la desinenza -A al genere maschile e di conseguenza non possono che rimanere invariati anche se riferiti al femminile. Quindi, in questi casi la -A non è una desinenza femminile, ma è una desinenza etimologica che vale per entrambi i generi.</p>



<p>Per quanto riguarda, invece, termini come sindaco, assessore, ministro, la parola si riferisce alla funzione ed è per questo che, sebbene termini in O vale per entrambi i generi; dunque non è una questione di definizione di chi ha quel compito, ma di chi riveste e rappresenta in quel momento quella funzione (esempio calzante è la parola maestro: chi insegna è maestro se uomo e maestra se donna, ma chi dirige un’orchestra è Maestro e Direttore sia esso uomo o donna perché è l’interprete momentaneo di quella funzione).</p>



<p>Per quanto riguarda i nomi terminanti in -E, in molti casi (non tutti) restano invariati, ma bisogna cambiare l&#8217;articolo: il preside/la preside, il cantante/la cantante, il presidente/la presidente. Anche in questo caso l’uso comune suggerisce alternative: professore/professoressa, dottore/dottoressa, ma assessore, se proprio vogliamo fare i politically correct non dobbiamo tramutarlo in assessora, perché teoricamente potrebbe essere corretta la forma &#8220;assessoressa&#8221;; ma attenzione: oggi usare il suffisso -ESSA, assume un valore più che altro dispregiativo o ironico, quindi… a voi la scelta (ovviamente, come appare nell’uso comune, forme come professoressa, dottoressa, vigilessa sono ormai entrate nell&#8217;utilizzo da molto tempo e quindi non percepite negativamente; provate, invece, a dire assessoressa?!).</p>



<p>Ed allora, etichettateci pure per tradizionalisti, ma preferiamo mantenere un rispetto linguistico piuttosto che lasciarci irretire da ipocrite forme di presunta correttezza socio-politica. Il rispetto di genere nasce da una consapevolezza culturale ed educativa, piuttosto che da formule dissimulatrici e “quote” (cosiddette rosa).</p>



<p>Chiedetelo ad una tigre, maschio o femmina che sia…</p>



<p>P.S= La parola “assessore” deriva dal sostantivo latino “assessor, assessoris”. L’italiano &#8211; come spesso è accaduto nel passaggio dal latino al volgare &#8211; ne ha ereditato e istituzionalizzato la forma dell’ablativo singolare (assessor-e, appunto). Ciò significa che quella -E non è una desinenza simile alla nostra -o maschile, per cui non occorre declinarla al femminile.</p>



<p>Bisognerebbe conoscere qualcosa della lingua italiana prima di avanzare proposte di revisione.</p>

Politicamente scorretti, linguisticamente corretti. Sulle nostre pagine non leggerete assessora né sindaca

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