Un nostro ricordo oggi che ricorre l’anniversario della sua morte avvenuta ad Agrate Brianza, in provincia di Monza, il 27 gennaio del 2009
di Maurizio Bonanno
Sono passati tredici anni dalla morte di Mino Reitano, avvenuta ad Agrate Brianza, in provincia di Monza, il 27 gennaio 2009.
Conosciuto per la sua grande voce e uno stile inconfondibile, Mino Reitano è stato anche un raffinato autore di canzoni, alcune “donate” ad altri artisti, spaziando dalla bellissima “Una ragione di più” scritta insieme a Franco Califano ed interpretata da Ornella Vanoni, alla simpatica “La sveglia biricchina” trionfatrice allo Zecchino d’Oro.
Nato a San Pietro di Fiumara il 7 dicembre 1944, Mino Reitano resta nella memoria di tanta gente ed è ricordato con affetto da un pubblico vasto ed eterogeneo. Ancor di più, lo ricorda chi. come noi, ha avuto l’onore ed il piacere di conoscerlo personalmente ammirando la generosità, l’umiltà, l’allegria che trasmetteva in ogni momento.
Nel giorno del suo anniversario, ViViPress ha deciso di ricordarlo riproponendo l’articolo scritto 13 anni fa in occasione della sua morte per il giornale Monteleone, fondato e diretto da Felice Muscaglione, altro suo grande amico.
“Ho avuto l’onore di conoscere personalmente Mino Reitano. E di frequentarlo fuggevolmente durante i suoi blitz calabresi: sempre frenetico, passionale, generoso.
Tra un incontro e l’altro passavano degli anni, eppure la sua genuina spontaneità era tale che sembrava ci fossimo lasciati appena il giorno prima.
Lui già grande interprete ed ancor più grande autore, io giovane, piccolo disc-jockey di discoteche di provincia, eppure per lui non faceva differenza: ti trasmetteva quella sua vitalità straripante e dava la carica. Autore magnifico, indimenticabile quel brano per Ornella Vanoni, “Una ragione di più”, che proprio in questi mesi la grande cantante ha rielaborato in un’altra intensa interpretazione in coppia con una giovane emergente di talento come Giusy Ferreri; e poi, i suoi più grandi successi: “Avevo un cuore, che ti amava tanto”, (che lo lanciò nella grande ribalta della canzone italiana), “Una chitarra cento illusioni (che lo portò ai vertici della Hit Parade), “Era il tempo delle more” (con la quale vinse “Un disco per l’estate”); e poi, “Italia, Italia”, una canzone dai forti accenti popolari divenuta una sorta di inno nazionale parallelo, inno che con la sua irruente passione riuscì a far cantare in pubblico finanche al leader leghista Umberto Bossi, ma che soprattutto quando lo intonava nei suoi concerti in giro per il mondo faceva commuovere i milioni di emigranti che lo avevano eletto loro portavoce.
Mino Reitano era così: contagioso nel suo modo intenso, passionale di vivere ogni esperienza, spontaneo al punto da fare tenerezza per la apparente ingenuità; intelligente al punto da condire di straordinaria autoironia il suo personaggio pubblico, amato in ogni angolo del mondo.
Per comprendere il tipo di rapporti che era capace di tenere con persone che non vedeva da anni ed erano semplicemente suoi compaesani, per capire la generosità con la quale si buttava a capo fitto nelle diverse iniziative, è bello ricordare un episodio personale, di alcuni anni fa: l’ultima volta che ci siamo incontrati.
Oltre alla musica, un’altra sua passione o divertimento era il calcio e spesso si dilettava a giocare con la nazionale cantanti ed attori organizzando manifestazioni per beneficenza. Una di questa la volle fare a Vibo Valentia.
Ecco, allora, ricordarsi di quel ragazzo vibonese conosciuto anni prima e che faceva il dj: mi fece contattare e concordare l’organizzazione dell’evento. Non pago, si fece dare il numero di telefono e da quel momento eccolo tempestarmi di chiamate. Incredibile, indimenticabile l’esordio alla sua prima telefonata: “Maurizio, sono Mino. Mino Reitano, ti ricordi di me?”.
E, una volta scoperto che il giovane dj conosciuto tempo fa nel frattempo era diventato giornalista, subito a programmare articoli, interviste, servizi: “Perché dobbiamo coinvolgere tutti… dobbiamo riempire lo stadio. Perché è per beneficenza che lo facciamo, capisci Maurizio?”, continuava a ripetermi telefonandomi tre, quattro volte al giorno.
E, come un vecchio parente, affettuoso anche se non ci si vede spesso, ecco il suo stupore nel sapere che quel giovane dj un po’ bohemienne si era trasformato in marito e padre; e subito la sue irruente passione pronta ad attivarsi, con la pretesa di portare sul terreno di gioco mio figlio Mattia: per conoscerlo, accarezzarlo e prenderlo per mano, portandolo al centro del campo in mezzo ai tanti fans che lo assediavano, per una stretta di mano, per una foto, un autografo mentre continuava a sorridere e scherzare con quel bimbo come se lo conoscesse da tempo.
Era questo Mino Reitano: generoso, passionale, spontaneo, romantico, irruento, capace di inaspettate attenzioni, intelligente e pieno di straodrinaria carica emotiva, coinvolgente… e grande artista. In una parola: calabrese!”.