Riuscì a sottrarre alle persecuzioni naziste migliaia di ebrei. Deportato nel campo di sterminio di Dachau, muore a poche settimane dalla Liberazione
Nella giornata del ricordo, l’Associazione Nazionale della Polizia di Stato alla presenza del Questore Raffaele Gargiulo, insieme a funzionari ed una rappresentanza degli Allievi del 215° corso, ha ricordato la figura di Giovanni Palatucci, nel 77° anniversario della sua morte.
Dopo la benedizione impartita dal Cappellano mons . Vincenzo Varone, il Presidente dell’ANPS vibonese Giovanni Vattiata ha deposto un cuscino di fiori presso la lapide posta nel Parco delle Rimembranze che ricorda il Questore Reggente di Fiume Giovanni Palatucci, che – come ricordato dal presidente Vattiata – “ha salvato tante vite umane durante l’era hitleriana quando si perseguitavano i nostri fratelli perché ebrei e non solo…”.
Giovanni Palatucci era nato a Montella, in provincia di Avellino, il 31 maggio 1909.
Compì gli studi presso il Liceo Classico “Pietro Giannone” di Benevento. Nel 1930 svolse il servizio militare a Moncalieri come allievo ufficiale di complemento. Si laurea in Giurisprudenza nel 1932 presso la Regia Università di Torino. Nel 1936 vince il concorso e si reca a Roma per frequentare il 14° corso per funzionari della Pubblica Sicurezza, al termine del quale viene assegnato alla Questura di Genova. Il 15 novembre 1937 viene trasferito alla Questura di Fiume, dove assume l’incarico di responsabile dell’ufficio stranieri e, successivamente, quello di Questore reggente. In questi ruoli, distruggendo fascicoli anagrafici attestanti le origini e producendo falsi documenti, salvò dalla deportazione un numero imprecisato di ebrei. Verso la fine del 1944, quando tutti fuggivano, egli rimase a Fiume per proseguire la sua opera, nonostante il Console svizzero di Trieste, suo caro amico, gli offrisse un passaggio sicuro verso la Svizzera, offerta che Palatucci sfruttò, inviando però, al suo posto, una giovane amica ebrea.
Il 13 settembre 1944 viene arrestato dalla Gestapo e portato nel carcere “Coroneo” di Trieste con l’accusa formale di cospirazione ed intelligenza con il nemico; viene condannato a morte dalle autorità tedesche anche per la sua attività a favore delle migliaia di profughi ebrei che riuscì a sottrarre alle persecuzioni naziste. Il 22 ottobre 1944 viene deportato nel campo di sterminio di Dachau. Il 10 febbraio 1945, a poche settimane dalla Liberazione, muore dopo aver subito quattro mesi di stenti e sevizie e il suo corpo viene gettato in una fossa comune sulla collina di Leitenberg, insieme ai corpi di centinaia di ebrei. Fu lo zio, vescovo Giuseppe Maria Palatucci, che nel 1952 raccontò che il nipote durante la sua permanenza a Fiume aveva salvato “numerosissimi israeliti”.
Il nome di Giovanni Palatucci compare sul Muro dell’onore, nel Giardino dei giusti della fondazione “Yad Vashem”, a Gerusalemme; lo Stato di Israele lo ha anche insignito del titolo di “Giusto tra le Nazioni”, il massimo riconoscimento conferito a chi, rischiando la vita, salvò gli ebrei dalle persecuzioni. Anche in Italia sono stati dedicati alla memoria di Palatucci numerosi parchi, vie e piazze. Nel 1995 lo Repubblica Italiana gli ha conferito la medaglia d’oro al valor civile alla memoria, mentre la Chiesa cattolica, nel 2004, lo ha consacrato “Venerabile Servo di Dio”.