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Don Fiorillo, diffidiamo dei successi effimeri della vita terrena, di questo vecchio mondo chiuso ed egoista

Riflessioni sul Vangelo di domenica 13 febbraio

di Mons. Giuseppe Fiorillo

Carissime/i,
con questo brano del vangelo (Lc 6,17.20-26) siamo con le Beatitudini di Luca, le quali colpiscono per la loro brevità, (quattro rispetto alle nove di Matteo) compensata, però, da quattro guai paralleli, ma assenti in Matteo.
Matteo ancora ambienta le Beatitudini sul monte, Luca invece su una pianura con grande moltitudine di popolo e con un respiro universale.

“Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante .C’era grande folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone… Ed egli, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, diceva :beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame ,perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete. Beati voi quando gli uomini vi odieranno…rallegratevi ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo” (Luca 6,17-23).

Beato nel messaggio biblico ha il significato di “restare dritto, in piedi” e ricorre ben 45 volte nel Nuovo Testamento.
Beati sono coloro che, aderendo alla voce di Cristo, volontariamente, si distaccano dai beni terreni e volano verso la realizzazione di un mondo nuovo, impastato di pace e giustizia. È questo il popolo delle Beatitudini che impedisce, anche oggi, al genere umano di sprofondare nella iniquità. È questo il popolo degli invisibili, uomini e donne che soffrono, ma agiscono ingoiando quotidianamente lacrime amare ad opera di ricchi per i quali c’è un triste ritorno:

“Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete. Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi” (Luca 6,24-26).

“Guai” è la traslazione dell’ebraismo ohi! che era il lamento funebre sul defunto nella notte della veglia e ricorre ben 46 volte nel Nuovo Testamento.
Non è una maledizione, ma un grido di dolore che Gesù lascia cadere pesantemente per quattro volte sui ricchi, che accumulano beni soltanto per sé, causando povertà infinita; sui sazi che, con la loro ingordigia, lasciano solo briciole ai bastonati della vita; sui gaudenti che fanno feste e non hanno occhi per vedere le sofferenze e non hanno orecchie per ascoltare il gemito degli oppressi; sugli uomini di successo che, proni al potere, raccolgono applausi e laute prebende.
Quattro lamenti funebri sul vecchio mondo chiuso ed egoista…in attesa di cieli nuovi e terre nuove.
Buona domenica col monito di sant’Agostino d’Ippona: “il ricco desidera ardentemente accumulare danaro, ma trema per la paura di perderlo”.
Don Giuseppe Fiorillo

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