Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 8 maggio
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime/i,
la pagina che, la liturgia della parola di questa quarta domenica di Pasqua, ci propone, (Gv.10,37-30) è parte essenziale del 10 capitolo del vangelo di Giovanni, capitolo detto del “bel Pastore”.
Gesù è nel Tempio di Gerusalemme e, precisamente, nel portico di Salomone, dove si radunano gli Scribi per dare risposte a chi chiede spiegazioni sulla Torà.
Siamo nei giorni in cui si celebra la festa di Hanukkah o della Dedicazione, quella in cui gli Ebrei ricordano la Purificazione del Tempio, fatta da Giuda Maccabeo, dopo che Gerusalemme era stata liberata dal pagano Antioco Quarto Epifane.
Gesù passeggia nel cortile e non chiede nulla, sono loro, invece, i Capi dei Giudei che, osservando i segni che compie, gli chiedono: “fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo dillo a noi apertamente” (Gv 10,24).
Gesù risponde loro, evidenziando la difficoltà a svelare la sua identità a quanti non credono in lui, a quanti non vedono le sue azioni come azioni che vengono da Dio, in definitiva, a quelli che non sono sue pecore.
“Gesù disse loro: le mie pecore ascoltano la mia voce ed io le conosco ed esse mi seguono”(Gv 10,27).
Tre verbi che caratterizzano i rapporti tra il Pastore (Gesù) e le pecore (popolo di Dio):
- Ascoltare non è udire. Udire è un suono, ascoltare, invece, è dare la propria adesione alla parola del Signore che parla e non impone nulla. Ascoltare è condividere un progetto di vita che non si esaurisce nel presente, ma si dilata nel futuro.
- Conoscere implica una comunione di persone che condividono una stessa vita, impastata di gioie e dolori, vittorie e sconfitte.
- Seguire. I pastori del tempo di Gesù passavano mesi in simbiosi di vita con le pecore ed a ciascuna davano un nome. A sera, le pecore venivano custodite nella zona in un unico ovile; al mattino, ogni pastore sulla porta chiamava per nome le proprie pecore, le quali, al suono della voce, lo seguivano, alla ricerca di verdi pascoli.
Seguire Gesù, “Pastore grande delle pecore” (Eb. 13,20), significa avere forti motivazioni a tenere lontano i seduttori che promettono vita facile e facili ricchezze e seguire, invece, maestri che assicurano radici solide e robuste ali per solcare cieli nuovi.
“Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno (le persone) e nessuno le strapperà dalla mia mano (Gv.10,28).
È questa la bella notizia di questa domenica: chi segue il Pastore bello” non si perde dentro tante piccole cose, ma tiene d’occhio, in questo mondo, le cose che contano”. (Hetty Hillesum).
Buona domenica con tanti auguri, oggi, a tutte le mamme, generatrici di vita che, spesso, la guerra distrugge.
Don Giuseppe Fiorillo