L’autorevole opinione di un politico di lungo corso che svela il bluff di questa surreale campagna elettorale
di Luigi Mazzella*
Premetto di essere convinto che i messaggi della cattiva politica che caratterizza il nostro Paese debbano essere interpretati o, se si vuole, decriptati, come i “pizzini” non più solo della mafia e di tutta la criminilatà organizzata ma di chiunque, anche in politica, intenda lanciare messaggi non immediatamente, o almeno non da tutti, decifrabili.
Vengo “al dunque”: la sarabanda di sapore felliniano con strombazzamenti e colpi di grancassa che ha accompagnato la sortita di Berlusconi sul Presidenzialismo con conseguente, inevitabile (sia pure ipocritamente definita “dolorosa”) intimazione di sfratto per Mattarella dal Quirinale ha avuto, a mio parere, un significato ben diverso da quello apparente.
Il leader di Forza Italia ha fatto conoscere “al colto e all’inclita” che intende concludere la sua carriera politica sull’alto seggio del Colle (quello della Presidenza del Senato, gli piace poco o punto).
Il segretario del PD, Enrico Letta, da buon intenditor, ha sbraitato (su input autonomo o secondo un copione probabilmente concordato con F.I.), e ha parlato, apparentemente indignato e sconvolto, di un preannuncio minaccioso rivolto a Mattarella che, dal canto suo, ha dovuto necessariamente recepire il criptico messaggio, in vista di interessi maggiori non limitati, con buona evidenza, al Bel Paese che potrebbero essere in ballo per evitare un governo di Giorgia Meloni che, nell’escalation delle provocazioni emotive, ha ripristinato nel simbolo elettorale la fiamma tricolore del Movimento Sociale Italiano che sottolinea ancor più l’impronta “fascista”. Per chi ha dimostrato di utilizzare i battaglioni Azov neo-nazisti in Ucraina, un’ulteriore caduta nell’estremismo di destra potrebbe risultare molto pericolosa.
In sostanza, per sottrarre l’Italia all’ipoteca fascista, Berlusconi, che invece ha sovrapposto al suo simbolo elettorale la dicitura di Partito Popolare Europeo, potrebbe avere voluto lasciar capire, con il suo anelito al presidenzialismo, che sarebbe disposto a sostenere un governo di unità nazionale “trasversale” da sinistra, al centro e alla “sua” destra, se avesse la garanzia di poter salire, con il consenso di tutti, al Quirinale.
Tutto ciò, ovviamente, se il centro-destra non dovesse avere un successo elettorale veramente strepitoso e straripante; tale, cioè, da assicurargli il raggiungimento dello stesso obiettivo.
Quest’ultimo, d’altronde, potrebbe essere raggiunto solo attraverso il recupero degli astensionisti, taciturni fautori della “protesta anti-bellica” che, però, si trovano di fronte al dichiarato “atlantismo” di ben due componenti della coalizione di centro destra e alle astuzie del duo Grillo-Conte.
In un’intervista recente, pubblicata, non a caso, da “L’Avvenire”, con il titolo :”Questa destra è una tigre di carta! Ora basta armi!” Giuseppe Conte ci prova e mette sul tavolo le sue prime carte per vincere in volata la corsa verso una pretesa, raggiungibile pace e la cessazione dei sacrifici imposti agli Italiani dal “guerrafondaio” Draghi.
Con parole dure come pietre, egli ha illustrato la linea politica sulla guerra che sosterrà nella campagna elettorale, affermando testualmente: “Le parole pace, negoziato, diplomazia sono sparite dal dibattito pubblico. Mi chiedo: ci siamo rassegnati all’ineluttabilità della guerra? Quando il M5s ha posto obiezioni, metteva in guardia proprio da questo: guerra chiama guerra… «tutte le guerre hanno ragioni, ma solo la pace ha ragione»: vorrei fosse una posizione condivisa con forza da tanti. Una politica al passo con i tempi aprirebbe oggi un dibattito sulla necessaria fine della corsa agli armamenti, non solo in Ucraina.”
Alla domanda:“Se il 26 settembre si creasse una situazione di pareggio, sarebbe pronto ad appoggiare un nuovo governo Draghi?” Conte ha risposto: “Mi sento di poter escludere questa ipotesi, che comunque non mi sembra sul terreno.”
Credo che si possa dare pieno credito a quest’ultima affermazione per motivi che vanno, però, illustrati. Con il suo bellicismo, Draghi s’è guadagnata la (per lui) giusta aspirazione a occupare la poltrona di segretario generale della NATO, ma non credo che l’esperienza governativa fatta e l’improvvida, squallida sortita per raggiungere la più “comoda” poltrona del Quirinale mentre era assiso su quella di Palazzo Chigi (pronuba la “Costituzione più bella del mondo”) lo portino a ritentare “avventure” politiche. L’uomo, educato dai gesuiti, ha ben capito di non avere la stoffa adatta. Se Conte appoggerà, a elezioni avvenute, com’è del tutto verosimile, data la “ventilata” vicinanza di Grillo al “Deep State” statunitense,, un governo orientato a sinistra, non si tratterà certamente di una riedizione del pasticciato governo Draghi, uscito piuttosto malconcio dalla scena italiana. Inoltre, il cosiddetto “super-Mario” sa di essere, tutto sommato, non amato dalla gente. La sua scarsa simpatia, normale in un tecnocrate bancario, non lo favorisce nell’agone politico. Unicuique suum.
Sulla prima affermazione, certamente utile a conquistare il consenso di moltissimi astensionisti, stufi di sentir parlare di guerra al precipuo se non unico fine di sapere se Biden prevarrà su Putin o viceversa (e, dopo la sortita di Nancy Pelosi, ad astra per aspera, anche su Xi e la Cina), Conte ha giocato d’anticipo una carta importante a danno della coalizione di Destra. Quest’ultima, divisa tra una Meloni, preoccupata solo di non apparire abbastanza “atlantista” per piacere senza riserve agli Americani, un Salvini alla ricerca, come una Vispa Teresa nel bosco, di farfalle colorate (flat tax al 15%, ponte sullo stretto, ingrandimenti fotografici giganti dei futuri Ministri Leghisti da affiggere sulle mura cittadine), e un Berlusconi desideroso di aggiungere al “Letta di casa” anche il più giovane, seppure meno simpatico nipotino, in un’apoteosi di ritrovata “democristianeria” che gli apra le porte del Quirinale, regalerà probabilmente a Conte una notevole quantità di voti.
La coalizione dei tre Moschettieri di Destra non sembra essersi resa conto che sono tanti gli Italiani amanti della pace e sensibili alle parole del Papa, che continua testardamente a resistere alla Curia per non andare a Kiev. dove essa tenta ripetutamente di spedirlo. Tali voti, naturalmente ad essa destinati per antitesi ai missili da noi pagati e inviati a Zelensky da Deaghi, potrebbero indirizzarsi verso la Sinistra movimentista, convertitasi al pacifismo per intuizione di Beppe Grillo (che cosa non consente la rivalità tra “teatranti”?). Anche in vista delle future scelte di governo, il no di Conte e di Grillo ad Alessandro Di Battista assume un suo ben preciso significato.
In aggiunta alla sottrazione di voti pacifisti da parte del M5s., potrebbe verificarsi l’aumento degli astensionisti di destra che non intendono riconoscersi nella voce pacifista di Conte.
Se i sondaggi non sono stati “falsati”, la coalizione di Destra potrebbe raggiungere il 47% dei voti, mentre quella di sinistra si fermerebbe al 39%. Se però a questa cifra si aggiunge il 10%previsto per il M5s. vi sarebbe il sorpasso; che diventerebbe un trionfo con i voti di F.I. in nome dell’unità di Italia e del benessere dell’atlantismo “antifascista”.
*Luigi Mazzella è un giurista e politico italiano, è stato giudice della Corte costituzionale e Ministro per la funzione pubblica. Scrittore e giornalista, Vicepresidente emerito della Corte Costituzionale ed Avvocato Generale dello Stato emerito