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10 febbraio, il Giorno del Ricordo che deve unire, non dividere

&NewLine;<p><em>Riflessioni nel Giorno del Ricordo in memoria<&sol;em> <em>del dramma dell’Esodo dei giuliani&comma; degli istriani&comma; dei dalmati dalla loro terra e all’orrore delle foibe <&sol;em><&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>di Alberto Capria<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<&excl;--more-->&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p><em>&&num;8220&semi;La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale &OpenCurlyDoubleQuote;Giorno del ricordo” al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle&nbsp&semi;<a href&equals;"https&colon;&sol;&sol;tg24&period;sky&period;it&sol;tag&sol;tg24&sol;foibe&lowbar;1&period;html" target&equals;"&lowbar;blank" rel&equals;"noreferrer noopener">foibe<&sol;a>&comma; dell&&num;8217&semi;esodo dalle loro terre degli istriani&comma; fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale&&num;8221&semi;<&sol;em><&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>I cinque anni che vanno dal 1943 e il 1947&comma; hanno visto rastrellamenti&comma; fucilazioni&comma; infoibamenti operati dai partigiani di Tito&semi; e poi l’esodo delle popolazioni istriano-fiumano-dalmate dopo che le &OpenCurlyDoubleQuote;loro” terre divennero definitivamente parte dello stato jugoslavo comunista&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>Dovrebbe essere un appuntamento nel segno del raccoglimento&comma; della riflessione e del dialogo&comma; del ricordo delle tragedie passate che deve servire a capire il male e la sua genesi&comma; non a celebrare ricorrenze&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>Le polemiche&comma; annualmente presenti&comma; nulla hanno a che fare con la storia di quegli eventi&comma; ma servono ad utilizzare quel triste periodo per riproporre antiche e nuove divisioni politiche&comma; a servirsi strumentalmente del passato&colon; spesso senza averlo conosciuto&comma; men che meno studiato ed approfondito&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>Se&comma; a settantasei anni da quei fatti&comma; c’è ancora chi li giudica inventati o manipolati o&comma; peggio&comma; li giustifica come una &OpenCurlyDoubleQuote;normale rappresaglia per le violenze in precedenza commesse dal fascismo sugli slavi” &lpar;una sorta di occhio per occhio di biblica memoria&rpar;&comma; ben si comprende come l’auspicare una memoria condivisa del passato sia vana fatica&colon; al di là delle celebrazioni ufficiali con caratteristiche conciliatorie per decisione e non&comma; forse&comma; per vera condivisione&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>Alcune volte la negazione o la minimizzazione vengono sostituite dalla comparazione&colon; il che è peggio&period; Parte il vergognoso refrain&colon; chi ha ucciso di più Stalin o Hitler&quest; Lager e foibe sono la stessa cosa&quest; Peggio il Nazifascismo o il Comunismo&quest; Il Novecento ci lascia una triste quanto inequivocabile eredità&colon; la disumanità nata da un perverso disegno politico è aberrante&comma; al di là delle legittime convinzioni politiche e appartenenze&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<figure class&equals;"wp-block-image size-full"><img src&equals;"https&colon;&sol;&sol;vivipress&period;com&sol;wp-content&sol;uploads&sol;2023&sol;02&sol;egea&period;jpg" alt&equals;"" class&equals;"wp-image-24338"&sol;><&sol;figure>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>E le ignominie imputabili a ideologie contrapposte devono solo portarci alla loro comune condanna&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>Le foibe sono state per decenni considerate una sorta di irritante propaganda della destra nazionale&semi; era il periodo in cui c’era ancora chi assimilava il comunismo al progresso umano&comma; all’eden&colon; si era in piena Guerra Fredda&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>La presa di coscienza postuma&comma; anzi tardiva&comma; è stata &&num;8211&semi; come spesso accade in Italia &&num;8211&semi; provincializzata da stucchevoli quanto insensate polemiche da terza fila alimentate negli ultimi anni da parvenu improvvisamente assurti a ruoli istituzionali&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>Adeguare la politica alle lezioni della storia &&num;8211&semi; magistra vitae &&num;8211&semi; e non la storia agli intessi della politica&comma; dovrebbe essere la grammatica essenziale di una classe dirigente degna di questo nome&colon; a tutti i livelli&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>Far riflettere sul passato&comma; datato o recente&comma; fuori dalle ricorrenze ufficiali&comma; potrebbe&sol;dovrebbe essere uno dei compiti principali della scuola&comma; smontando gli stantii programmi ministeriali di Storia&period; Soprattutto nei tempi che ci è dato vivere&comma; caratterizzati dalle trasformazioni esistenziali prodotte dalle nuove tecnologie che ci impongono solo un presente dilatato&colon; un hic et nunc disastroso&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p><em>&OpenCurlyDoubleQuote;Sono maturi i tempi per tentare di ricostruire una panoramica complessiva delle logiche della violenza che hanno avvelenato non solo al confine orientale ma l&&num;8217&semi;intero Novecento” <&sol;em>scrive Raoul Pupo per molto tempo docente di <em>Storia contemporanea presso l’Università di Trieste&comma; nel suo &OpenCurlyDoubleQuote;Il lungo esodo”&period; <&sol;em><em><&sol;em><&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p><em>Si prenda atto e s’inizi&comma; seppellendo definitivamente divisioni anacronistiche&excl;<&sol;em><&sol;p>&NewLine;

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