Riflessioni sulla pagine del Vangelo di domenica 4 giugno
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime/i,
oggi, celebriamo la Solennità della Trinità.
Questa Solennità si celebra, ogni anno, dopo la Pentecoste.
Fu accolta ufficialmente nella liturgia cattolica nel 1334 da papa Giovanni XXII, anche se dai tempi apostolici abbiamo numerose testimonianze che ne attestano la presenza nelle comunità delle origini.
Eccone alcune:
– San Paolo nella lettera agli Efesini afferma che l’unità tra i credenti ha come sorgente ” un solo Spirito, un solo Signore Gesù, un solo Padre di tutti” (Efesini 4,4-6);
– nella seconda lettera ai Corinzi Paolo afferma ” la grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano come tutti voi” (2 Cor.13,13);
– San Pietro apre poi la sua prima lettera con un indirizzo trinitario: “secondo la prescienza di Dio Padre, mediante la santificazione dello Spirito, per obbedire a Gesù Cristo (1 Pietro 1,2)
Questi e numerosi altri testi esprimono, in modo chiaro, la fede della Chiesa nella Trinità, sintetizzata in questa antica dossologia: “tre sono quelli che rendono testimonianza nel cielo: il Padre, il Verbo e lo Spirito Santo, e questi tre sono uno.
La vita cristiana ha, liturgicamente, sapore di Trinità. Difatti si nasce col battesimo, amministrato nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e si muore con l’unzione sacra data, nel nome del Padre creatore, nel nome del Figlio redentore, nel none dello Spirito Santo santificatore.
La solennità della Trinità ci dice che “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16).
“Ha tanto amato il mondo”. Non solo l’uomo, ma la terra, gli animali e le piante e tutto ciò che vive e vegeta.
L’amore che insegna la Trinità non è amore di una autocelebrazione, ma un amore trinitario.
Amore autocelebrazione.
È quell’amore malato, che mette al centro di tutti e di tutto la propria persona, chiudendosi all’interno di una solitudine che diviene prigione.
Solitudine narcisistica che porta un uomo ad impugnare un coltello e, uccidere due volte Dio, nella violenza inflitta alla compagna ed al piccolo angelo di sette mesi, ancora in grembo alla madre.
Solitudine delirante dei potenti della terra che “non finiscono mai di battere tamburi/ a cadenza di morte su tutti gli orizzonti/dietro alle bare strette alle bandiere, /di rendere piaghe e lacrime a pietà/nelle città distrutte, rovina su rovina” (S. Quasimodo)
Amore trinitario.
L’amore trinitario “è paziente, è benigno, non è invidioso, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità” (1Cor.13,4-6).
Questo amore salva l’individuo e l’umanità, perché è generativo; ed è, in comunione con lo Spirito, con il Padre e con il Figlio, partecipato a chiunque lo voglia accogliere… e noi, in semplicità di vita ed umiltà di cuore, accogliamo questo amore trinitario che genera sempre cose nuove e rinvigorisce cose vecchie.
Buona domenica.
Don Giuseppe Fiorillo