Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 23 luglio
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime/i
in questa 16ª domenica del tempo ordinario continua la lettura del 13º capitolo del vangelo di Matteo (Mt.13,24-43), iniziato domenica scorsa. E’ questo il capitolo detto delle Parabole, nella cui narrazione è centrata l’immagine del Regno dei cieli, quale nuova alternativa di società, proposta da Gesù.
In questa lunga pericope, Gesù propone ai suoi discepoli, ed oggi a noi, tre parabole che riguardano tre grandi tentazioni che affascinano le comunità dei cristiani:
-la tentazione di essere una comunità di puri, di eletti (il grano e la zizzania)
- la tentazione della grandezza (il chicco di senape)
– la tentazione dello scoraggiamento(il pugno di lievito in tre misure di farina. In queste tre parabole l’elemento dominante è il tempo.
Il grano ha bisogno di tempo per essere riconosciuto come grano dalla zizania; il chicco di senape ha bisogno di tempo per diventare un albero che accoglie uccelli e nidi e frescura per gli uomini;
il pugno di lievito ha bisogno di tempo per fermentare tre misure di farina (40 kg) e così essere pane fragrante sulla tavola della mensa degli uomini. Tempo e sempre più tempo per noi che, oggi vogliamo “tutto e subito” in questa civiltà dei consumi che “brucia la vita e fa volare il tempo” (Vincenzo Caldarelli). Il tempo è danaro ripete uno slogan che viene d’oltre oceano, il tempo, invece, per noi cristiani è occasione propizia per guadagnarci l’eternità.
Ci fermiamo brevemente per economia di tempo e di spazio alla prima parabola.
“Il regno dei cieli è simile ad un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: vuoi che andiamo a sradicare la zizzania? No! rispose il padrone, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, sradichiate anche il grano”.
È questa la storia di ieri e di oggi. Bene e male convivono. Abisso di fango e raggi di Luce albergano nel cuore dell’uomo. “Dio fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi e fa piovere per quelli che fanno il bene e per quelli che fanno il male” (Luca 6, 45).
È questa la pedagogia di Dio: la tolleranza. Accettare e convivere con l’altro, con il diverso ed avere occhi e cuore per accogliere novità e ricchezze umane e culturali e religiose, allontanando, così, le tentazioni di vedere nell’altro un nemico.
È questo anche il messaggio forte che ci viene dalla Didaché, dalle lettere di Ignazio di Antiochia, dalla Lettera a Diogneto, opere che vanno dalla fine del primo secolo alla fine del secondo secolo dopo Cristo, opere che si collocano all’inizio dell’esperienza cristiana, nell’epoca in cui il vangelo si affacciava nel mondo Greco- romano con tutta la sua carica di novità.
Questa parabola ci presenta due modi di guardare la vita.
I servi vedono nella zizzania una intrusione, un pericolo, vedono il negativo (quanti di noi , oggi, ci vediamo nei servi!);
il padrone del campo vede il bene, le messi che già biondeggiano al sole.
La zizzania per il padrone viene dopo, è secondaria, perché viene prima l’attenzione verso il grano, verso il bene.
In ogni persona – è questo il senso della parabola – c’è grano e c’è zizzania.
Il compito di noi educatori è far riemergere il bene e sconfiggere il male che ogni giorno “si accovaccia alla porta di Caino” (Genesi)… e ricordiamoci che “nel cuore del più nero dei criminali c’è un lumicino che traballa per mancanza di olio: portiamo un po’ del nostro olio” (Jean Baptiste Lacordaire).
Buona domenica.
Don Giuseppe Fiorillo