Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 30 luglio
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime/i,
oggi 17ª domenica del tempo ordinario, con questo brano del Vangelo di Matteo, terminiamo la lettura del capitolo 13º, capitolo delle parabole. Di parabola in parabola, attraverso lo scorrere di queste tre ultime domeniche di luglio, ci rendiamo conto della preziosità del regno di Dio, attraverso l’agire di un contadino, di un mercante e di pescatori, i quali tutti cercano di trarre vantaggio dagli avvenimenti che danno novità alla loro monotona vita.
Oggi tre parabole, tre racconti. Noi, per brevità di spazio e di tempo, accogliamo le suggestioni delle prime due parabole.
La prima parabola ha per protagonista un bracciante agricolo che, chiamato a lavorare la terra di un piccolo proprietario, inaspettatamente, vede affiorare sotto la sua zappa un tesoro che, qualcuno, in tempo di guerra o di razzie, aveva sepolto con la speranza di recuperarlo in un tempo benevolo. Tempo per lui mai avvenuto.
Il bracciante agricolo ricopre accuratamente il tesoro. Va’ a casa, vende le poche cose che possiede e compra il campo, con la certezza di risolvere i problemi della sua grama esistenza, con il recupero della cassa.
La seconda parabola ha per protagonista un esperto mercante di perle che, in un bazar orientale, tra le cianfrusaglie, sbircia una perla, assai preziosa. Anche lui, va a casa, vende tutto, compra la perla e, con questo colpo di fortuna, cambia la vita.
Questi due protagonisti hanno la gioia di aver trovato. La scoperta li mette in movimento. Tesoro e perla, da oggetti, divengono protagonisti, trasformando i due possessori in uomini nuovi.
Così avviene a chi si imbatte nel tesoro del Vangelo, che è un fiume di gioia e travolge tutti con la sua novità e con quel pizzico di follia, che alberga nel cuore dell’uomo.
A chi destina Gesù queste due parabole che parlano di una svolta decisiva della vita?
I primi destinatari sono stati i Dodici, che avevano lasciato tutto, per seguire Lui, che proclamava un mondo nuovo.
Pietro, a nome di tutti, un giorno aveva confessato: “ecco noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito, che cosa ne otterremo? Gesù gli rispose: chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna” (Mt.19,27-29).

Altri destinatari sono tutti i credenti che, nei secoli, prendendo sul serio il vangelo, si sono messi alla sequela di Gesù, ritenendo il resto cosa meno importante. Questi destinatari sono “i folli di Dio”, i santi, i martiri che, per realizzare le Beatitudini (Mt.5,3-12) hanno messo al centro della vita Gesù, ritenendo il resto secondario. Per tutti vale la testimonianza di Paolo A postolo: ” Fratelli, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità, della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato tutte queste cose e le considero come spazzatura al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in Lui (Filippesi 3,8).
Altri destinatari di questo scrigno di saggezza siamo noi “piccolo gregge” che crede, ancora, nella potenza del piccolo chicco di senape, che si fa grande nel tempo e diviene casa per gli uccelli; e crede nella bontà del pugno di lievito che fermenta tre misure di farina (40 kg).
Siamo noi che coltiviamo uno spirito di contemplazione verso “questa bella d’erbe famiglia e di animali” (U. Foscolo) in combutta con lo spirito predatorio di gente che deturpa il creato.
Siamo noi, testardi sognatori nell’armonia di un mondo, annunziato 700 anni a.C. da Isaia profeta: “il lupo dimorerà insieme con l’agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto, il vitello ed il leoncello pascoleranno assieme ed un fanciullo li guiderà” (Isaia 11,6).
Questo oracolo di Isaia è un simbolo, è un sogno, è una parabola che vede gli uomini duri e facitori di guerre, alla luce del tesoro del Vangelo, convertirsi in esseri pieni di concordia e pace, desiderosi fortemente di fare un pellegrinaggio verso i luoghi del cuore, dove c’è il senso della vita vera.
Buona domenica.
Don Giuseppe Fiorillo