<p>Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 24 settembre</p>



<p>di mons. Giuseppe Fiorillo </p>



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<p>Carissime/i, con questa pagina del Vangelo di Matteo (20, 1-16) di questa 25ª domenica del tempo ordinario, siamo in cammino verso Gerusalemme.Un cammino che, chilometro dopo chilometro, villaggio dopo villaggio, si carica di avvenimenti, di conoscenze e di grande speranze.<br>Nell&#8217; andare c&#8217;è il racconto odierno che potremmo definire la parabola delle sorprese. L&#8217;agire di Dio non è l&#8217;agire degli uomini. Isaia, ben 700 anni prima, aveva annunziato questa verità: &#8220;i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le vostre vie (Isaia 55, 8).</p>



<p>&#8220;Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all&#8217;alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le 9 del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: &#8220;Andate anche voi nella mia vigna;quello che è giusto ve lo darò&#8221;… Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino a i primi&#8221;…</p>



<p>Il nostro Dio, ci sorprende sempre. In questa parabola tre sono le principali sorprese: le modalità di reclutamento dei braccianti, le modalità di pagamento a fine giornata, la giustificazione dell&#8217;agire anomalo del padrone di casa.</p>



<p>La prima sorpresa riguarda il modo strano col quale il padrone di casa recluta i braccianti: con questo suo andare dalla piazza alla vigna per ben cinque volte, dalle 6 del mattino alle 5 del pomeriggio. Al tempo di Gesù era consuetudine ingaggiare i braccianti, necessari ai propri lavori, soltanto, la mattina presto, all&#8217;alba.<br>Cosa che avviene tristemente ancora oggi, soprattutto nel nostro Sud, dove al mattino si radunano nelle piazze di alcuni paesi i braccianti, in gran parte stranieri, in attesa di una chiamata da parte del &#8220;caporale&#8221; per, così, portare a casa, a sera, un pezzo di pane per i propri figli.</p>



<p>Questo ingaggio a 5 intervalli, alle 6,alle 9, alle 12, alle 3 del pomeriggio ed ancora alle 5 del pomeriggio, era visto dai Padri della Chiesa come la chiamata di Dio all&#8217;impegno cristiano in tempi diversi della vita.<br>Dio chiama a tutte le ore, a tutte le età: importante è rispondere alla chiamata e non restare ad oziare ore nella piazza della propria esistenza.</p>



<p>Seconda sorpresa.<br>Entra in campo una 3ª persona, il fattore.<br>Il padrone della vigna chiama il suo fattore e dice: &#8220;chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino a i primi&#8221;. Ordinariamente e, secondo logica, venivano pagati per primi quelli della prima ora e, poi, a scalare in base alle ore di lavoro.<br>In questo racconto, scandalosamente per gli usi del tempo, i primi vengono scavalcati dagli ultimi, dai penultimi e via dicendo. Tutti ricevono la stessa paga pattuita con i primi: un denaro, il salario di un bracciante che lavorava 12 ore, dalle sei del mattino alle 18 del pomeriggio.</p>



<p>Terza sorpresa: il padrone della vigna giustifica il suo agire anomalo. Dinanzi alla protesta dei primi che mormoravano contro il padrone dicendo: &#8220;questi ultimi hanno lavorato una ora soltanto e li hai trattati come noi che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo&#8221;, lui risponde: &#8220;non vi faccio nessun torto, avete pattuito un denaro e vi ho dato un denaro e se io voglio a questi ultimi dare a ciascuno un denaro non posso farlo? perché siete invidiosi?&#8221;</p>



<p>Con questa parabola Gesù, attento i problemi del lavoro e della disoccupazione, da&#8217; all&#8217;umanità di ieri e di oggi un grande insegnamento. Ed è questo: il padrone della vigna, nel dare la stessa paga, ci dice che non si deve tenere conto soltanto del merito, ma anche del bisogno.<br>Le nostre società, oggi, basano le ricompense unicamente sul merito e non sul bisogno di ogni persona. Oggi c&#8217;è un esercito di persone che, nel mondo, chiedono lavoro, perché il lavoro è dignità, è realizzazione, è indipendenza, è soddisfare i bisogni primi dell&#8217;esistenza. Il lavoro dei padri assicura ai figli: scuola, medicina, casa, ricreazione, radici ed ali per spaziare in questo mondo che diviene sempre più ostile alla realizzazione di sogni e progetti.<br>La terra è di Dio e Dio l&#8217;ha donata agli uomini perché la lavorassero e la custodissero (Genesi 2,15)<br>Ora succede che i violenti spesso si impadroniscono dei beni di madre terra, lasciando sulle piazze del mondo persone che si lamentano: &#8220;siamo qui ad oziare perché nessuno ci ha preso a giornata&#8221;.</p>



<p>, C&#8217;è bisogno, oggi, dinanzi al dilagare della miseria, di qualcuno che dica: &#8220;andate anche voi a lavorare nella mia vigna&#8221;.<br>C&#8217;è bisogno di un padrone di casa, insolito, un padrone che sovverta le attese, un padrone che non pensa soltanto al proprio guadagno, ma, soprattutto agli operai e alla loro realizzazione, senza una svendita sulla piazza della vita; un padrone che metta al centro la persona umana con i suoi bisogni e non il denaro e la produttività; un padrone che si prende cura degli operai della vigna, divenendo, così, un padre che dà spazio all&#8217;amore, perché la vita è troppo breve per essere egoista.</p>



<p>Buona domenica.<br />Don Giuseppe Fiorillo</p>

Don Fiorillo, bisogna dare spazio all’amore perché la vita è troppo breve per essere egoista

- Categories: è domenica
- Tags: gesùlavoratorilavorovangelo
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