Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 17 dicembre
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime/i,
con questo brano del Vangelo di Giovanni, celebriamo la 3ª domenica di Avvento: la domenica della letizia. Protagonista di questa pagina è Giovanni il Battista, ricordato, in campo religioso, da tutti e quattro gli Evangelisti e, in campo civile, dallo storico ebreo, Giuseppe Flavio (Gerusalemme 37- Roma 100 dopo Cristo) che, nelle Antichità Giudaiche (18, 116) così lo definisce: “Giovanni, detto il Battista, godeva di altissima autorità presso il popolo.”
Andiamo al testo di Giovanni l’evangelista, discepolo di Giovanni il Battista, prima di far parte della squadra di Gesù:
“Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo:
“Tu chi sei?” Egli confessò e non negò. Confessò:” io non sono il Cristo”. Allora gli chiesero:” chi sei dunque? sei tu Elia?” “Non lo sono”, disse. “Sei tu il profeta?” “No” rispose. Gli dissero allora:” Chi sei tu, perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato.
Che cosa dice di te stesso? Rispose:” Io sono voce di uno che grida nel deserto: rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia”….
Chi sei?
Giovanni, con la sua predicazione, senza volerlo, fa troppo chiasso, popola il deserto di Giuda e affolla le acque del Giordano di gente che chiede un battesimo di penitenza e di conversione.
Le istituzioni religiose di Gerusalemme si preoccupano, a tal punto, da mandare una commissione d’inchiesta, composta da sacerdoti e leviti, non per capire cosa avveniva, ma per bloccare ed affermare il primato del Sacerdozio, di quel sacerdozio, al quale lui, Giovanni apparteneva per nascita, in quanto figlio di Zaccaria, sacerdote.
Come mai – si domandano a Gerusalemme – all’odore dell’incenso del Tempio Giovanni preferisce la polvere del deserto? Come mai ai luccicanti abiti sacerdotali preferisce la miseria di una tunica intessuta con ruvidi peli di cammello? Come mai alle prelibate carni della mensa del Tempio preferisce gli amari bocconi di cavallette addolciti con miele selvatico, raccolto negli anfratti del mare Morto?
Gli inviati investono Giovanni, che ha abbandonato il servizio del Tempio e rinnegato il diritto al Sacerdozio, con sei incalzanti domande.
Giovanni al “chi sei” risponde con “Io non sono il Messia”, sgombrando, così, il campo da sogni messianici che, nel passato, avevano alimentato personaggi, quali Teuda e Giuda, il galileo, al tempo del censimento (Atti 5,36- 37)
Gli inviati restano delusi da questo Giovanni che si spoglia di qualunque titolo messianico che il popolo gli attribuisce… e continuano incalzando: “chi dunque sei? Perché dobbiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato.
Giovanni non ha paura di lasciarsi interrogare e dare risposte agli inviati di Gerusalemme.
In tempi di narcisismo sfrenato, (ieri come oggi!) in cui si pensa di essere qualcuno, se si è protagonisti, Giovanni è l’anti-eroe, è anti-narciso, è l’uomo del servizio per l’altro. Egli non è la luce, ma il testimone della luce, non è il Messia, ma l’amico del messia,che sta per venire, non è la parola, ma la voce che serve la Parola.
Giovanni dice di sé:”io sono voce”.
La voce è lo strumento col quale una persona trasmette un messaggio ad un’altra persona.
La voce poi, reso il servizio, scompare, ma il messaggio resta e cresce nell’altro. Giovanni con la sua voce non indica se stesso, non rimanda a se stesso, ma ad un Altro. Questo atteggiamento di umiltà caratterizza Giovanni ed è di grande lezione a tutti noi, preti e laici, che pretendiamo, alle volte, di essere i padroni della Parola.
Essere voce e dare voce a chi voce, nel vivere umano, non c’è l’ha! Questo il compito supremo di chi vuole costruire il regno di DIO sulla terra: dare voce a tutti!
Buona Domenica.
Don Giuseppe Fiorillo