[adrotate group="4"]

Don Fiorillo, è tempo questo di sporcarci le mani, vincendo il nostro perbenismo, accogliendo

Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 11 febbraio

di Mons. Giuseppe Fiorillo

Carissime/i, sesta domenica del tempo ordinario.
Con questa pericope (Marco 1, 40- 45) si chiude il primo capitolo del Vangelo di Marco, il capitolo della prima evangelizzazione in Galilea: “e andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni” (Mc 1,39); e si chiude questo capitolo con un incontro “proibito” dalla legge mosaica. Mettiamoci, ora, in ascolto:

“In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso che lo supplicava in ginocchio e egli diceva: “se vuoi, puoi purificarmi!” Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: “lo voglio, sii purificato!” E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato”.

Oggi siamo dentro la storia di un incontro con un lebbroso, incontro assolutamente proibito dalla legge mosaica: “il lebbroso, colpito da piaghe, porterà vesti strappate e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore, andrà gridando: “impuro! impuro!” Sarà impuro finché durerà in lui il male; e impuro, se ne starà solo, abiterà fuori” (Levitico 13, 45 -46).
Siamo anche dentro la storia di due trasgressioni della legge di Mosè. Trasgredisce il lebbroso che, abbandonando la sua solitudine, si butta ai piedi di Gesù, in mezzo alla gente, chiedendo la
liberazione dalla lebbra; e trasgredisce anche Gesù che ha compassione, tende la mano, tocca l’ammalato e lo purifica.

Questo è il primo incontro con un lebbroso e quanti altri incontri farà Gesù lungo il suo peregrinare in terra di Palestina! E Gesù guarisce! Sempre guarisce, perché la lebbra, assai diffusa in Oriente al tempo di Gesù, è la malattia del corpo e dell’anima.
Il corpo lentamente si decompone. Ascoltiamo il lamento di un lebbroso: “Putride e fetide sono le mie piaghe a causa della mia stoltezza! Sono curvo e accasciato, triste mi aggiro tutto il giorno. Sono torturati i miei fianchi, in me non c’è nulla di sano” (dal salmo 38).
Si decompone anche l’anima, perché l’ammalato, al primo sintomo, viene cacciato dalla comunità e cancellato dal registro della Sinagoga.

Gesù guarisce sempre i lebbrosi, perché lui è per la vita comunitaria, non tollera la solitudine forzata, include sempre e, dopo la guarigione, dice al guarito: “vai a mostrarti al sacerdote, vai a riscriverti nel registro della tua sinagoga e vivi gioie e dolori della tua comunità”. Gesù include, accoglie, ha compassione dei lebbrosi, raccoglie le lacrime di uomini e donne e fascia sempre le loro ferite col balsamo della sua parola, con il chinarsi sulla sofferenza, con l’imporre le sue mani sui corpi, straziati ed umiliati dal male.

guarigione del lebbroso

Oggi, per fortuna, la scienza ha sconfitto, o quasi, la lebbra del corpo, grazie anche alla sensibilità dell’apostolo laico dei nostri tempi Raoul Follereau che, fin dal 1961, aiuta e difende i diritti dei malati di lebbra in tutto il mondo con scritti e ricerche scientifiche.

Purtroppo, nella nostra società dell’apparire e del consumismo, esiste un’altra lebbra, assai più contagiosa, che popola le nostre periferie esistenziali. E la lista dei nuovi lebbrosi è lunga quanto la litania dei Santi!
Sono gli emarginati, sono gli anziani, rimasti soli, perché i figli sono partiti per cercare pane e dignità, sono i barboni, finiti sotto i ponti o le arcate di un palazzo, vittime di un tracollo economico o morale, sono i malati di mente che vagano per le nostre città senza sapere chi sono e dove vanno, sono i profughi che, fuggendo dalle loro terre, insanguinate da guerre e mille altre ingiustizie, vengono buttati negli inferni del nostre città e, spesso, ingoiati dalla criminalità organizzata.

L’episodio del vangelo di questa domenica è uno schiaffo all’insensibilità delle nostre istituzioni ed è un pungolo per la nostra tranquilla coscienza.
È tempo di vincere la paura di restare infettati. CRISTO prima toccava imponendo le mani e poi guariva.
È tempo questo di sporcarci le mani, vincendo il nostro perbenismo, la nostra serena quiete, il nostro tranquillo spazio vitale, se vogliamo creare “cieli nuovi e nuove terre”, un mondo, cioè, dove regnano Verità e Giustizia.

Buona domenica.

Don Giuseppe Fiorillo

Exit mobile version