Riproponiamo quella che rimane la sua ultima intervista in video, prima della sua scomparsa avvenuta a Vibo Marina il 29 marzo 2012
Il 29 marzo del 2012 moriva all’età di 74 anni nella sua abitazione di Vibo Marina, Andrea Frezza, maestro della celluloide italiana, regista classico e documentarista.
Sebbene nato a Lauerana Di Borrello, Vibo Valentia era stata sempre la sua base fino a farne la sua sede definitiva negli ultimi anni di vita, ormai “pensionato”, divenendone, di fatto, figlio adottivo dando lustro con le sue opere non solo ad una città che non seppe però ricambiare con altrettanto amore, ma ad un’intera regione alla quale rimase sempre, malgrado il suo inevitabile girovagare da artista, profondamente legato.
Fu, la sua, una vita intensa, che ebbe la sua base di partenza Vibo Valentia. Qui fu tra i fondatori del mitico “Cineclub” movimentando una città che negli anni ’60, come lui con nostalgia ricordava; “era una città bellissima, culturalmente viva”, tra circoli culturali feste e festival, teatro e musica. E quel Cineclub, come in tanti ricordano, provocò un impatto culturale enorme con proiezioni di film, organizzazione di mostre, letture di testi e ospiti importanti.
Andrea Frezza, intanto, dopo un vago tentativo universitario a Roma, dove comunque ebbe modo di incontrare, tra gli altri, Alberto Moravia con cui nacque un’amicizia importante, si trasferì a Parigi e frequentò la Cinemateque Francaise. Là incontrò Elsa Triolet, un’importante scrittrice, che capite le sue aspirazioni cinematografiche, lo introdusse a Henri Bresson che allora cercava tre assistenti alla regia. Quindi, il rientro in Italia e l’iscrizione al Centro sperimentale di cinematografia (c’erano soltanto tre posti di regia su oltre 200 candidati. Frezza arrivò primo), allievo di Alessandro Blasettie Nanni Loi. Nel ’63-’64 diventò assistente del grande Orson Welles che a quel tempo stava lavorando al “Processo”. Con Jeanne Moreau ed Anthony Perkins.
Questo perché la sua passione per il mondo del cinema, lo aveva rapito fin da giovane: il suo esordio dietro la macchina da presa era avvenuto nel 1969 con il film «Il gatto selvaggio, storia di un giovane nichilista, che, insoddisfatto degli sviluppi della lotta politica, iniziava ad uccidere avversari e compagni troppo moderati.
La sua attività lo aveva anche portato negli Stati uniti, dove aveva vissuto insegnando i “segreti” della celluloide. Quindi, l’avvio della collaborazione con la Rai. Nel 1997, infine, aveva girato “L’ultimo bersaglio”, incentrato su un omicidio con un movente legato all’Olocausto. Punto di riferimento intellettuale per molti registi, sceneggiatori e scrittori tra i quali Gianni Amelio, aveva all’attivo altre significative pellicole: Memoriale delle Rovine, Ultimo Bersaglio, oltre a 39 corti e serie televisive.
Si era dedicato anche alla scrittura pubblicando romanzi e racconti: Le segrete stanze nel 1978, I Giorni dell’Inganno nel 1990, Il ricatto della Croce nel 1995 e le raccolte di racconti Falsi movimenti nel 1992, Hollywood in giallo e nero nel 1994, La luna di Sho–Nan–Ko nel 1997.
Onorandomi della sua amicizia, Andrea Frezza accettò di rilasciarmi un’intervista, che il caso volle fosse la sua ultima apparizione in video. Tra aneddoti, passaggi intimi e ricordi di una “Vibo bella” che fu e che tanti vorremmo ritornasse, rimane una testimonianza del sicuro valore affettivo. E per questo, oggi la riproponiamo.
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