Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 28 aprile
dì Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime/i,
il brano di questa 5ª domenica di Pasqua (Giovanni 15,1-8) fa parte dei “discorsi di addio” che Gesù ha rivolto ai suoi Discepoli, in forma colloquiale, nell’ultima Cena e che Giovanni raccoglie nel suo Vangelo nei capitoli 13-17.
“In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: “Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto”.
In questa pericope Gesù si definisce: io sono la vite; altre volte si è definito: io sono pane, vita, strada, verità, porta, buon pastore, con immagini sempre legate alle realtà concrete del suo tempo. Per gli ebrei la vite, il grano, l’ulivo sono piante familiari e caratteristiche della terra d’Israele e del vicino Medio Oriente.
Gesù vite, noi i tralci, ma noi e Lui, stessa vite, stessa radice, stessa linfa con la bella metafora di Dio Padre, contadino, vignaiuolo che profuma di terra e di sole e si prende cura di ciascuno di noi, affinché possiamo portare molto frutto. In questa pagina, che oggi, viene proclamata nelle chiese di tutto il mondo cattolico, ben 7 volte ritorna il verbo “rimanere”.
È importante rimanere in una relazione stabile: famiglia, fede, sacerdozio, matrimonio, amicizia, lavoro , oggi, che la vita è, spesso, vista come una “modernità liquida”, così come teorizzata dal filosofo polacco Zygmunt Bauman.
Rimanere con Gesù è fare comunità, dove ciascuno, pur nella sua individualità, condivide con tutti gli altri la linfa che porta vita, fraternità, corresponsabilità, condivisione, accoglienza, convivialità. Quando, invece, la nostra vita è dominata dalla logica della falsità, della menzogna, delle corruzioni, il passaggio della linfa è bloccato e, così, si è morti dentro. “Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?” grida san Paolo nella lettera ai Romani (7,24).
Il messaggio del Vangelo della liturgia odierna ci dà una risposta:
-Ci libererà la parola di Gesù, la parola che ci rende puri.
-Ci libereranno le potature del vignaiuolo (Dio) che sono le prove che non mancano mai… le potature sono dolorose, ma bisogna avere il coraggio di attendere la fioritura della vite che, col suo profumo, annunzia il frutto che sta per venire abbondante.
Buona domenica nella gioia di Cristo risorto e con l’auspicio di papa Giovanni, il papa buono: “non siamo sulla terra a custodire un museo, ma a coltivare una vigna fiorente, destinata a un avvenire glorioso”
don Giuseppe Fiorillo