Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 19 maggio
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime/i,
oggi celebriamo la solennità della Pentecoste. Oggi si chiude il Tempo Pasquale. Anticamente presso gli Ebrei la Pentecoste era una festa di origine agricola, celebrazione dei primi frutti e lode a Dio per la mietitura. Veniva celebrata sette settimane (50 giorni) dopo la Pasqua (Levitico 23,15 – 22). Successivamente divenne la celebrazione del dono della legge (Torah) data a Mosè sul monte Sinai.
La prima Pentecoste cristiana, avvenuta in coincidenza con quella ebraica, celebra la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli, su Maria ed il piccolo gruppo, riuniti tutti in preghiera nel Cenacolo (Atti 2,1- 13); e celebra, ancora, la nascita della Chiesa come popolo di Dio in missione verso tutti i popoli della terra. Ecco il racconto di Luca:
“Mentre stava per compiersi il giorno della Pentecoste, si trovarono tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatté impetuoso e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro le lingue, come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue… e Parti, Medi, Elamiti; abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia, Romani qui residenti, Giudei e proseliti, Cretesi ed Arabi, e li udivano parlare delle grandi opere di Dio nelle loro lingue” (Atti 2, 1-11).

La Pentecoste unisce i popoli col parlare una unica lingua, allontanando lo spettro della divisione della Torre di Babele (Genesi 11, 1- 9) dove i popoli, a motivo dell’orgoglio, con la presunzione di raggiungere Dio col costruire una alta torre, pur parlando ancora un’unica lingua, non comprendevano più l’uno la parlata dell’altro.
Oggi, per tanti versi, siamo nello stesso spirito di una nuova Babele, e – se vogliamo – essendo tutti in un’unica barca, dobbiamo salvarci: sapere praticare una unica lingua, la lingua dell’amore, dell’accoglienza, della benevolenza, della condivisione, della pace fra i popoli, “pace che il mondo irride,/ ma che rapir non può” (Alessandro Manzoni, Pentecoste); trattare la terra con cura “questa bella d’erbe famiglia e di animali” (Ugo Foscolo) e proteggerla dagli inquinamenti, devastazioni e ferite di ogni genere; spezzare, o quantomeno, umiliare i comportamenti nemici della Pentecoste, quali mafie, corruzioni, droghe, ignoranza, violenza; prendersi cura degli oppressi e degli affaticati della terra e tentare di liberarli dalle ingiustizie e dagli inganni dei potenti e dalle strutture di morte che devastano il buon vivere umano; implorare, oggi e sempre, in umiltà di cuore e semplicità di vita, la presenza dello Spirito tra noi: “Vieni Santo Spirito,/ manda a noi dal cielo/ un raggio della tua luce./ vieni Padre de poveri,/ vieni datore dei doni,/ vieni, luce de cuori./ Lava ciò che è sordido,/ bagna ciò che è arido,/ sana ciò che sanguina”… (dalla sequenza liturgica della Pentecoste).
Buona Solennità della Pentecoste con l’augurio che la burocrazia dei nostri apparati ecclesiastici “non soffochi le indiscipline dello Spirito Santo che soffia dove vuole e quando vuole” (Abbe’ Pierre).
Don Giuseppe Fiorillo