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Elezioni comunali a Vibo Valentia, la visione cupa di Domenico Consoli: “Vibo ha già pagato. Troppo”

L’intervento del leader di Umanesimo Sociale in vista del ballottaggio del 23 e 24 giugno

Con i suoi fedelissimi legati al gruppo di “Umanesimo Sociale” ha tentato di indirizzare il dibattito politico, in vista della scelta dei candidati a sindaco di Vibo Valentia, lungo una certa linea; una volta che l’operazione non è riuscita, si è chiamato fuori annunciando che Umanesimo Sociale avrebbe votato scheda bianca (era il 20 aprile scorso). Oggi che la città si appresta (in verità, senza particolari entusiasmi, anzi…) ad andare al ballottaggio per decidere chi tra Roberto Cosentino (centrodestra) e Enzo Romeo (centrosinistra) sarà il sindaco del prossimo quinquennio, Domenico Consoli torna a farsi sentire attraverso una nota dai toni cupi, mesi, forsanche inquieti, descrivendo la: “sofferenza di una Città con le sembianze di una nobildonna decaduta, austera, elegante avvolta su se stessa alla ricerca di un perché”.

Premesso che: “Ben altra cosa è fare sintesi tra due schieramenti geneticamente antitetici”, Consoli ragiona partendo dalla considerazione che: “Nelle piccole comunità dove coesistono, nel dibattito politico e nella proposta complessiva alla cittadinanza, posizioni antitetiche in un unico schieramento con correlazioni disomogenee, è forse ancora comprensibile, ma in un capoluogo di provincia, dove il dibattito dovrebbe essere elevato e diventare momento di riferimento per la periferia assistere a messaggi subliminali che vanno decodificati in ambiti che poco interessano la comune e civile convivenza non è tollerabile né da praticare. Ed il dato è inequivocabile. Scomodare il voto di opinione come unico momento interpretativo di questo evento appare intempestivo, velleitario e supponente. Quel che emerge dal dato elettorale è la mortificazione delle identità, delle militanze, dei percorsi culturali e di crescita. Todos caballeros!”.

Categorico è il suo giudizio su quanto scaturito nella prima parte di questa campagna elettorale: “Questa competizione ha sfornato tanti leaders di se stessi specialisti nell’alchimia del consenso, non sempre in correlazione lineare con il voto di opinione La qualità etica, culturale, politica, di capacità di governance non è stata sempre e rigorosamente proporzionale al numero dei voti riportati, né la inelezione va di conseguenza interpretata necessariamente in linea con la carenza dei requisiti su richiamati. Ne consegue che non ci sia stata forse, non infrequentemente, una vocazione all’inclusività in un progetto o di ambiti rappresentativi di partiti quanto una ricerca in accoppiate non monogame nella diversità di genere. Tutto ciò ha determinato aggregazioni disarticolate, disomogenee per la necessità di esserci e di contrapporsi. Il bullismo annacquato della politica!”.

La conclusione che ne deriva è: “una condizione di grande confusione e di una immensa difficoltà ad intravedere una strada chiara ed un percorso da seguire”.

Domenico Consoli

A questo punto, il leader di Umanesimo Sociale confida quale sia la sua angoscia: “La preoccupazione di chi scrive nasce dalla constatazione di una democrazia indebolita nella rappresentatività delle idealità o quantomeno di ambiti espressivi di contenuti omogeni, di obiettivi chiari, di percorsi coerenti, di proposte credibili. Forse l’ineludibile crollo ed epilogo di partiti logori, a destra o a sinistra (ambedue gli schieramenti sono soggetti alla legge del tutto o niente!) può essere auspicabile per la parte soccombente come possibilità di ricostruzione dalle macerie”.

Eppure, nella sua conclusione sembra far capolino una, sia pur minima, fiducia, una speranza: “La speranza è che queste residue giornate che ci dividono dal ballottaggio portino saggezza e ricerca di un’entità meno indefinita. Rincorrere espedienti per vincere ad ogni costo – ammonisce, però, Domenico Consoli – significa lasciare alla comunità una grande certezza: far morire la speranza e con essa la città”.  

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