[adrotate group="4"]

Don Fiorillo, ci salveremo se accetteremo la presenza di Gesù nella barca della nostra esistenza

Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 23 giugno

dì Mons. Giuseppe Fiorillo

Carissime/i ,
il brano del Vangelo di questo 12ª domenica del Tempo Ordinario è la narrazione di una tempesta sedata da Gesù.
Ecco il testo di Marco.
” In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai  suoi  discepoli: “Passiamo all’altra riva”. E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che  ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero:” Maestro non t’importa che siamo perduti?” Si destò, minacciò il vento e disse al mare: “Taci, calmati!”. Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro:” Perché avete paura? Non avete ancora fede?”. E furono presi da grande timore, dicevano l’uno all’altro:” Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?”. (Marco 4,35-41)

Dopo un giornata di predicazione, vissuta nei villaggi del litorale occidentale del lago di Tiberiade (o mare di Galilea), Gesù,  anziché andare, a sera, a riposare dice ai suoi discepoli: “Passiamo all’altra riva”. Sfinito dalla stanchezza si addormenta nella barca, a poppa. Si leva nel frattempo una grande tempesta e la barca sta per affondare (Il lago di Tiberiade è  un grande bacino d’acqua a più di 200 metri sotto il livello del mare, aperto, a volte, a violente raffiche di vento).
Gli Apostoli atterriti svegliano Gesù, il quale, destatosi, ordina al mare di calmarsi e al vento di cessare e  subito è bonaccia. La domanda che serpeggia tra i Dodici è: “Chi è dunque costui al quale anche il vento ed il mare obbediscono?”.
Questo racconto ha una carica altamente simbolica che va oltre la semplice cronaca di una improvvisa tempesta notturna sul lago di Tiberiade. Cristo appare in tutta la sua gloria di Signore del creato e vincitore del male,  assicurando a chi crede in Lui, di non essere mai vinto dalla morte, simboleggiata dal mare.
Marco, secondo gli esegeti, riporta nel suo vangelo questo fatto, perché lo riteneva significativo per la giovane comunità cristiana di Roma nella quale lui operava ed alla quale lascia il suo vangelo in  partenza per l’Oriente, secondo il consiglio del suo maestro Pietro.
La barca è la comunità che, nei tempi di persecuzione,  era come una barca che, umanamente parlando, rischiava di andare a fondo. Gesù sembrava dormisse ed i piccoli gruppi di credenti, in mezzo alle persecuzioni, erano attraversati dalla paura di perdersi. La narrazione di Marco, quindi, lancia questo messaggio: con la fede in Gesù la tempesta o cesserà o ci renderà più forti nell’affrontarla e superarla.
Anche per noi, cristiani del terzo millennio, questo racconto è di grande profetismo: siamo nelle tempeste personali e sociali… veniamo da una pandemia che ha messo in ginocchio  le nostre sicurezze sociali, civili e religiosi… Viviamo, anche se in maniera virtuale, il dramma di guerre fratricide: Russi – Ucraini, Ebrei- Palestinesi, con un numero altissimo di morti, invalidi a vita, distruzioni di  intere città ed infinite sofferenze… Ne usciremo? Sì, ne usciremo salvi se “assieme” sapremo accogliere, sulla nostra barca, la presenza di Gesù col suo messaggio di condivisione, di partecipazione, di solidarietà e di fratellanza universale. Ci salveremo assieme o sprofonderemo assieme nei gorghi profondi dell’egoismo, dell’indifferenza, della discriminazione, dal come accetteremo o negheremo la presenza di Gesù nella barca della nostra esistenza.
Buona domenica con un messaggio della grande mistica spagnola: “Niente ti turbi, niente ti rattristi, se hai Dio nel nel cuore, nulla ti manca”. (Santa Teresa d’Avila 1515-1582).
Don Giuseppe Fiorillo

Exit mobile version