Lo evidenzia un’analisi della Cgia basata su dati Inps e Istat
Non passa settimana che non esca una classifica che classifica qualsivoglia aspetto della vita degli italiani, l’ultima in ordine di tempo è un’analisi della Cgia basata su dati Inps e Istat, che certifica che nel 2022 a Milano e provincia gli imprenditori hanno pagato le retribuzioni lorde più elevate in Italia: 32.472 euro annui, 10mila euro in più rispetto alla media nazionale. Stessa cosa anche nell’area a nord di Bologna dove la concentrazione di imprese attive in settori ad alta produttività come meccanica e agroalimentare fa lievitare le buste paga dei dipendenti. In fondo alla classifica si collocano le province del Mezzogiorno: a Vibo Valentia, Nuoro e Cosenza gli stipendi medi lordi non arrivano a 15mila euro annui.
Confermato anche il divario tra Nord e Sud del tasso di produttività, retribuzione media giornaliera e numero totale di giorni lavorati nell’arco dei dodici mesi: nelle regioni settentrionali si resta in ufficio o in fabbrica in media 38 giorni in più all’anno ( 264,2 contro i 244,4 della media nazionale – tra le province dove si sta meno in ufficio o in fabbrica nell’arco dei 12 mesi spiccano Vibo Valentia, Nuoro, Rimini e Foggia), forse anche per questo che a Vibo Valentia, Nuoro, Cosenza e Trapani le retribuzioni delle aziende si attestano su valori medi che oscillano tra i 12.939 e i 14.365 euro, circa 9mila euro sotto la media nazionale; ma non sono, un’altra causa potrebbe essere legata al lavoro non a tempo indeterminato che al sud deriva da rapporti precari, intermittenti e stagionali, questi ultimi legati al turismo.
A livello giornaliero poi, i dipendenti assunti in imprese private del Nord Italia portano a casa in media 101 euro, il 35% rispetto colleghi del Sud dove la retribuzione si ferma a 75 euro
L’analisi della Ggia ha evidenziato anche una differenza sulla produttività generata in un’ora di lavoro: in Lombardia 45,7 euro rispetto a 29,7 euro della Calabria dove i lavoratori dipendenti guadagnano la metà (14.960 contro una media 28.354 euro all’anno), gli squilibri retributivi, poi, si fanno ancora più evidenti se si considerano i lavoratori di aree urbane e quelle rurali.