Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 8 settembre
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime/i,
con la pagina di questa 23.ma domenica del Tempo Ordinario, continua la narrazione delle storie, raccolte da Marco nel capitolo settimo del suo Vangelo.
“Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea, in pieno territorio della Decapoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono d’imporgli la mano. lo prese in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un respiro e gli disse: Effata’, cioè: apriti! E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: “Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!”(Marco 7,31-37).
Gesù, dopo la dura polemica con Scribbi e Farisei, dopo aver proclamato il primato della coscienza su ogni osservanza esteriore e su ogni legalismo (domenica scorsa), lascia la sua terra ed il suo popolo. Va in Fenicia, in un territorio straniero e pagano e compie opere straordinarie, ridando vista ai ciechi, udito ai sordi. Per Lui non c’è luogo privilegiato, non c’è popolo eletto, ma ovunque c’è l’uomo con i suoi bisogni e le sue necessità. Dopo la sua missione in Tiro e Sidone, per far ritorno verso il mare di Galilea, Gesù affronta un lungo cammino verso Est, percorrendo la Decapoli, territorio composto da 10 città, collocate dai Romani presso la frontiera orientale, fra le attuali Giordania, Siria ed Israele.
In una di queste città gli portano un sordomuto pregandolo d’imporgli la mano e guarirlo. Ma Gesù fa di più: lo porta in disparte, lontano dalla folla, risveglia la sua corporeità; tocca la sua vita: prende la faccia fra le sue mani, lo fissa negli occhi, mette le dita negli orecchi e, con la saliva, gli tocca la lingua. Poi eleva una supplica verso il Padre e grida al sordomuto: “Effata’, apriti”
“Effata’, apriti! In aramaico, nel dialetto di casa, nella lingua della madre, ripartendo dalle radici: apriti, come si apre una porta all’ospite, una finestra al sole, le braccia all’amore”. (Ermes Ronchi,teologo)… e gli orecchi si aprirono e il nodo della lingua si sciolse e parlava correttamente.
Il sordomuto è paradigma di noi stessi e di coloro che sono prigionieri del proprio io, di coloro che non ascoltano le cose profonde della vita e che non si relazionano con i compagni di viaggio, restando prigionieri della propria solitudine.
Oggi anche a me, anche a te Gesù grida il suo Effatà: effata’, apriti a Dio che guarisce le tue ferite ed annunzia bellezza, apertura alla carità, fiducia nella speranza di un mondo nuovo che verrà; effatà, apriti, in un mondo di competizioni, di protagonismi, di chiusura mentale, apriti alla vita oblativa, alla gioia di vivere, all’Amore, perché la vita è troppo corta per essere egoista; effata’, apriti”: perché il primo servizio da rendere ai fratelli è quello dell’ascolto. Se non sai ascoltare il fratello, assai presto, non saprai ascoltare neppure Dio, perché sarai sempre tu a parlare, anche con il Signore”. (Dietrich Bonheffer, teologo luterano).
Buona domenica nella gioia del Signore e con la consapevolezza che, se apri la tua porta, vita viene ed è vita nuova.
Don Giuseppe Fiorillo.