A giudizio del Primario Emerito di Neuroscienze “I problemi non si risolvono nascondendoli”
Quello che subito, e con molta enfasi, si è trasformato in un “caso nazionale”, ha inevitabilmente aperto un confronto di opinioni in proposito. La decisione di smistare i militari dell’esercito già operativi sul territorio della provincia, presso l’ospedale di Vibo Valentia per un “presidio dinamico”. ha provocato schieramenti tra chi ha condiviso la decisione, come il presidente dell’ordine dei Medici Antonino Maglia, che la contesta e chi, come il sindaco Enzo Romeo, ne minimizza la portata.
Nel dibattito si inserisce Mimmo Consoli, Primario Emerito di Neuroscienze proprio allo Jazzolino, medico dal riconosciuto valore e da sempre impegnato nel sociale e politico, oggi parte della “Rete Civica #Salviamo SSN”, che interviene esponendo una sua “opinione personale”, che poniamo all’attenzione dei lettori.
Così scrive Mimmo Consoli:
“Non è ulteriormente tollerabile sentire sulla sanità tante, troppe parole in libertà, come se i cittadini vibonesi circolassero con l’anello al naso. In un clima di estrema confusione, i censori di turno o i soloni onniscienti avanzano ipotesi e conclusioni assolutamente inconsistenti e contraddittorie. Bene ha fatto il Signor Prefetto ad utilizzare come deterrente l’esercito davanti alla struttura ospedaliera cittadina, a tutela ed a difesa delle classi medica e paramedica, spesso vittime innocenti di una “governance” approssimativa della sanità pubblica.
Fare come gli struzzi, nascondendo occhi e cervello nella sabbia o spingendo la polvere sotto il tappeto, non serve. I problemi non si risolvono nascondendoli.
A nulla vale cercare di dare una interpretazione paternalistica e protettiva che rimane un’interpretazione e non una più consona denuncia ed una più opportuna difesa reale della popolazione.
La dinamica delle relazioni sociali tra una sanità pubblica che eroga servizi, nonostante le altissime professionalità presenti, in una “governance” sostenibile della sanità, a fronte di drammatici diritti alla salute, ahimè talvolta denegati o “dilazionati”, esplode spesso in atti di mai accettabile violenza. E la violenza è figlia sicuramente di una mancata inibizione di impulsi di aggressività a fronte di bisogni talora gestiti sulla base della logistica sostenibile, talaltra su quella di domande ospedaliere esponenzialmente crescenti per mancata razionalizzazione della “governance” della sanità territoriale. Ma è sicuramente più figlia di una mala politica che ha radici profonde, antiche e recenti, che annidano nel mancato adempimento ad una serie di decreti regionali in linea con disposizioni nazionali.
Vuoi per carenza, di volta in volta, determinate da esiguità di risorse che riverberano su inadeguatezze logistiche e organizzative e quindi di scarsa produttività. Ne è conseguito che ai ricchi si dava sempre di più ed ai poveri si levava sempre anche il poco. Ma questo processo è durato anni e con responsabilità “bipartisan”.
Il comune denominatore è stato l’avere affidato talora la “governance” a fedeltà politiche più che ad esaltanti “expertise” gestorie, a cui badava la quadratura dei numeri più che l’erogazione dei servizi. Così le dotazioni di risorse si sono sempre più assottigliate, sino a diventare non più capaci di affrontare guerre atomiche con pistole ad acqua.
Le cause di tanta sofferenza, che talvolta esplode in un’ingiustificata violenza, vanno ricercate in ambiti non lontani dalla politica. A nulla vale annacquare o malcelare una responsabile azione della massima presenza dello Stato in loco in una decisione che ha il sapore di ricorrere ad un deterrente per evitare il peggio.
L’indirizzo dell’attenzione collettiva non va orientato sull’avamposto, sulla trincea di chi combatte la guerra nel servizio di una sanità sostenibile, ma verso una politica potente nell’espressione delle determinazioni possibili, ostinata nell’autoconservazione, inadeguata o non adeguatamente sensibile verso i bisogni collettivi.
Individuate le cause, cosa fare ?
A tale politica non si risponde certamente con la violenza , ma si può contrastarla e punirla con i liberi strumenti democratici in tempi e con modalità adeguate”.