Per i rappresentanti sindacali, “La solidarietà a chi subisce questi abusi non basta più: si rendono necessari strumenti per arginare la violenza”
All’indomani dell’atto intimidatorio subito del Direttore del Distretto sanitario di Vibo Valentia, al quale è stata recapitata una busta con dentro tre proiettili,
le sigle sindacali della dirigenza medica, con i loro rispettivi responsabili – ANNAO, Capano; CIMO FESMED, Piero David; CGIL Medici. Manno;, CISL, Pugliese; FVM-FISMU, Maiolo; FIALS Medici, Pafumi e Figliano – dopo aver espresso la loro solidarietà, condannano “la vile intimidazione subita dal collega Raffaele Bava, Direttore del distretto dell’ASP di Vibo Valentia, impegnato nell’adempimento del proprio dovere, colpendo per questo motivo l’intera collettività”.
“Da diversi anni – scrivono i referenti sindacali – si stanno verificando nella provincia di Vibo Valentia e non solo, atti di violenza verso la classe dirigente medica e infermieristica. Purtroppo bisogna constatare che tutte le misure messe in atto non sono sufficienti ad affrontare e risolvere questo clima di intolleranza verso la sanità vibonese. In questi anni stiamo assistendo ad un cambio dei vertici aziendali continuo e ravvicinato nel tempo che impedisce la possibilità di una programmazione, che influisce negativamente sull’azione amministrativa e funzionale della nostra sanità creando disagio e incertezza nell’utenza e malessere nel personale sanitario”.
Per i sindacati, “la situazione ha raggiunto il limite di sopportazione, la sanità vibonese è fuori controllo rispetto alle altre realtà calabresi”, per questo motivo chiedono: “risposte concrete, con la nomina innanzitutto di un commissario a tempo pieno, la presenza delle istituzioni con la condanna ferma e la vicinanza dello stato”.
“Bisogna portare avanti – affermano i sindacati della dirigenza medica – un’azione di sensibilizzazione sul fenomeno, una battaglia di civiltà coinvolgendo in maniera trasversale rappresentanti politici e delle istituzioni. La solidarietà a chi subisce questi abusi non basta più: si rendono necessari strumenti per arginare la violenza. Non basta militarizzare i luoghi di cura, bisogna chiedere strutture adeguate e dotate di requisiti tali da dissuadere e frenare la violenza. Un posto di polizia fisso negli ospedali e nella sede del distretto potrebbe rappresentare una tutela per operatori sanitari ed un deterrente per gli aggressori, obbligo per il datore di lavoro di costituirsi parte civile dinnanzi a questi reati, la previsione del danno all’immagine per l’Azienda e del danno esistenziale per il sanitario fino all’inasprimento delle pene a carico degli aggressori”.