Non esiste una malasanità, ma un’indifferenza totale dei nostri politici verso un’esigenza immutabile della persona
di Rosario Rito*
Il diritto alla salute in Italia, è stato istituito dalla legge 833 del 1957 e fornisce l’assistenza sanitaria a tutti i cittadini senza distinzione di genere, residenza, età reddito, lavoro e come diritto, non può essere negato a coloro che si trovano in condizione di miseria. In oltre, nell’Art. 32 della Costituzione italiana, si legge, “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
Letta così la legge, l’assistenza al diritto alla salute di ognuno di noi, non fa una piega, ma se riflettiamo, anche attraverso un nostro semplice o banale mal di testa, ci accorgeremmo che c’è molta differenza tra diritto ed esigenza, anche perché se il primo si acquisisce tramite leggi ad hoc per una convivenza civile e responsabile sotto l’aspetto umanitario, la seconda non può essere abbandonata sulle sole forze o risorse dell’individuo, poiché necessita di collaborazione e supporto psicofisico, non solo da chi ha il compito e dovere di prendersi cura del benessere altrui, ma soprattutto da parte di chi ha l’onere di provvedere affinché ogni cittadino, possa soddisfare le proprie esigenze. In particolare quelle riguardanti la salute e non solo fisica.
Cosa questa che nonostante quanto deciso e dichiarato nel 1957, vien sempre meno e non solo perché per potersi fare anche una semplice radiografia al torace o al seno per prevenirne l’aggravamento di un tumore o altri controlli più semplici diventa complicato, ma anche per ciò che riguarda i ricoveri ospedalieri, a causa della mancanza di posti letto. Se il numero per la prenotazione è verde, il giallo è l’attesa alla risposta così come il rosso, una situazione che diventa sempre più accentuata, non solo per i tempi lunghi della visita a te necessaria, na perché, come sappiamo, è dovuto alla mancanza di personale. In alcune località, mancano autoambulanze e dove ci sono, mancano gli autisti o i medici. Senza contare, il lungo tempo che si deve aspettare se capiti al pronto soccorso con il codice giallo; e nonostante tutto questo, per l’accesso alla facoltà di medicina, esiste ancora il numero chiuso!
Il covid non ci ha insegnato niente, sia sotto l’aspetto di diritto alla salute e sia per quanto riguarda le vere necessità umane. I lavoratori sanitari, solo sempre più soli e se sbagliano qualcosa o ritardano un po’ nei pronto soccorso, sono picchiati e ricattati. Sì, certo. È sbagliato e vergognoso, ma la pazienza, la tensione, la troppa attesa, la paura che possa succedere qualcosa a un proprio caro, sono cose o situazioni che possono alterare il proprio senso emotivo.
Ogni tipo di violenza va condannata perché è un atto d’inciviltà, ma riguardo a quella sui medici o infermieri ospedalieri, va anche detto che codesti, oltre a essere soli con se stessi e le proprie responsabilità morali e civili, non hanno alcuna colpa ma devono subire il comportamento di persone emotivamente provate. Sì, d’accordo… Il medico ha la responsabilità di curare e assistere al meglio ogni persona che si presenta a lui, ma è sempre più solo, con turni massacranti. È un operatore del benessere altrui, sempre più abbandonato a se stesso e alle proprie responsabilità civiche e morali.
È noto a tutti la mancanza dei posti letto negli ospedali, di medici e infermieri nei pronto soccorso, oltre al residuale numero dei medici di famiglia. Se poi a questo aggiungiamo la mancanza di autoambulanze e lunghe ore di attesa in un pronto soccorso, credo che diventi sempre più difficile capire il perché le iscrizioni a medicina sia a numero chiuso. Ciò ci fa pensare, involontariamente, che quel diritto alla salute, deciso e decretato dai nostri Costituenti, si sia tramutato in una “possibilità di curarsi”, suddiviso in due fattori: Buona sorte e portamonete.
Una cattiva sorte non dovuta all’indifferenza e irresponsabilità dei medici, ma alla loro solitudine e disperazione che molto spesso provano, nel momento in cui non sanno come potersi organizzare e dividersi tra una mansione e l’altra. Non è vero che i medici italiani siano incuranti del malessere altrui e con ciò, donatori di sorte gratuita e irresponsabile. Anzi, sono i primi in Europa in tutto. Sono gli sprechi e l’indifferenza governativa che conducono i nostri medici a essere sempre più indifesi e soggetti a ricatti, insulti e alzate di mani. La paura e la sofferenza emotiva, la fa da padrona sul raziocinio.
Non credo che una persona, perché si alza col piede sinistro, decide di picchiare un medico del pronto soccorso e altro. È assurdo! Lo si fa credere, ma non è così. Non sto dicendo che sia giusto, ma riflettiamo sulle cose. Soprattutto su quelle che conducono all’esasperazione della pazienza e del proprio autocontrollo.
Non esiste una malasanità, ma un’indifferenza totale dei nostri politici verso un’esigenza immutabile della persona: come chi non prova non conosce, chi governa, sa solo tagliare sui diritti essenziali delle persone.
Ecco come un’esigenza, dichiarata o identificata come Diritto, sta tramutandosi sempre più in Possibilità, in angoscia, in timore di non faccela, poiché non sai quale possa essere la tua sorte. Se hai i soldi, ti curi privatamente e si non spera di non soffrire.
Ma perché aumentare lo stipendio e i vitalizzi a quelli che ci governano è più importante della tua salute fisica, mentale, emotiva.
*Poeta, Scrittore