Giochi e altalene distrutti… e i pesciolini rossi della vasca uccisi! Un luogo bello, dalla storia affascinante, custode di vicende intime, in balìa dei vandali. C’è qualcuno che ha il compito di curarla? Di preservarla?
di Maurizio Bonanno
Amo la mia città. La amo di un amore incondizionato, profondo, viscerale. La amo perché qui sono nato e qui sono cresciuto. La amo perché qui sono tornato e qui vivo, opero.
Amo la mia città perché ogni via, piazza, giardino racconta anche un pezzo di me. Di quel bambino allegro e vivace che cresceva lungo queste vie, piazze, giardini. E, qui crescendo, è diventato adulto fino ad essere ciò che sono oggi ripercorrendo quelle vie, piazze, giardini.
Giardini. La Villa Comunale è stata per intere generazioni il luogo più affascinante, attrattivo. Il posto, quando ero bambino, in cui le mamme portavano i figli mentre loro lì si incontravano, chiacchieravano. Luogo di incontri tra genitori e luogo di incontri tra bambini. Andarci era una festa, sempre. Perché lì eravamo liberi: di correre, di giocare. E respirare aria buona. Perché eravamo immersi nel verde, tra gli alberi.
La Villa Comunale di Vibo Valentia: luogo mitico, tra alberi unici e statue dal fascino particolare, tra bellezza ed inquietudine per noi bambini, che abbiamo sognato, immaginato storie fiabesche, vissuto ingenue emozioni in quella che per noi è sempre stata la Villa Comunale: una elegante cornice, dalle fattezze novecentesche e borghesi, nel cuore della città. Posto affascinante dove, mentre noi bambini scorrazzavamo e gli adulti passeggiavano pigramente tra quegli alberi secolari, ancora oggi si scorgono le finestre di antichi palazzi: Palazzo d’Alcontres, ad esempio, che le cronache del tempo raccontano sia stato il primo palazzo in città con la luce elettrica. Talmente nel cuore della città, questa Villa, che, mentre immagini di immergerti nella quiete, vieni disturbato dai rumori delle auto che sfrecciano lungo il corso, tra il vociare di persone che vi passeggiano.
Da qualche anno è stata ribattezzata in Villa Nazzareno Cremona, perché intitolata al capitano del 19° reggimento di fanteria dell’Esercito italiano, caduto durante la Grande Guerra e cantato in una splendida poesia di Giuseppe Ungaretti, che era stato un suo soldato; perché la casa del Capitano era poco distante dalla Villa, giù all’angolo di via Diana Recco. Ma nacque con il nome di “Orto di San Giuseppe” o anche “Orto del Duca”, perché su quei terreni sarebbe dovuto sorgere il nuovo palazzo dei Pignatelli, all’indomani del terremoto del 1783. Ma non se ne fece nulla e il 26 giugno 1899 il Comune di Monteleone lo comprò per adoperarlo, durante i primissimi anni del ‘900, per coltivare verdure, che venivano poi vendute. Solo in seguito si pensò di farne un giardino pubblico avviando un’opera di abbellimento botanico e architettonico: vennero piantati gli alberi, scelti con un criterio scientifico, vennero realizzati sedili in marmo e piedistalli per sei statue; nel 1919, poi, furono inaugurate le eleganti rampe d’accesso, a partire dalla terrazza di Viale Regina Margherita, la passeggiata alberata che ancora oggi costeggia Corso Umberto I.
Questa è la Villa Comunale di Vibo Valentia. Questa è stata per noi, che da bambini qui venivamo pe sentirci liberi.
Il punto di incontro era intorno alla vasca. Campeggiava nello spiazzo più ampio, dove di fronte c’era il bar, custode dei nostri ghiaccioli oppure la coppa gelato che nei giorni più caldi i genitori ci concedevano, e, a far da corona tutto intorno, i giochi, con le mitiche altalene. Ma soprattutto la vasca con i pesciolini rossi: quanto tempo abbiamo trascorso lì affacciati a guardarli incantati! Quante briciole di mollica abbiamo lanciato per vedere quei pesciolini rossi avvicinarsi a noi!
E, quando divenuti più grandi, adolescenti in cerca di esperienze nuove ed adulte… sempre la vasca dei pesciolini rossi era il luogo dell’appuntamento romantico, per poi iniziare una tenera passeggiata lungo i viali sperando/sognando che gli spazi più discreti ci offrissero l’occasione per azzardare un approccio più intimo con l’amata di allora!
Quante storie sono nate lì, quanti amori, quante vicende umane si sono susseguite!
Basterebbe scrutare ogni angolo e poi socchiudere gli occhi lasciandosi guidare dalle sensazioni che qui, ancora, nascono spontanee.
Ha resistito a tutto ed è ancora lì la vecchia Villa Comunale oggi Villa Cremona, custode di tutto questo. E resiste.
Resiste ai vandali, ai maledetti vandali che offendono, ingiuriano, vilipendono la storia, quella ufficiale e quella intima di intere generazioni.
Le foto scattate giusto ieri sono un’offesa che fa lacrimare, una ferita che sanguina.
Perché? Perché distruggere i giochi e le altalene? Perché uccidere i pesciolini rossi che in quella vasca hanno la loro casa, il loro mondo? Perché?
Questa città dalla storia millenaria è da troppo tempo invasa da orde barbariche che la deturpano e ne offendono la storia ipotecandone il futuro.
Com’è possibile che tutto ciò sia accaduto? Nessuno cura la manutenzione della Villa? Nessuno ha l’incarico di curarla? Nessun sistema di controllo vi è al suo interno? Questa Villa è abbandonata a se stessa? In balìa a questi vandali, ignoranti e maledetti, disfattisti che contribuiscono al disastro di una città allo sbando dando la stura ai denigratori, che si beano dello scadimento socio-culturale di questa città.
Che Dio vi maledica! Vandali e ignoranti, vigliacchi e imbelli.
I Vibonesi, quelli veri, quelli che sono tali non per diritto di nascita ma per diritto di cittadinanza, cittadinanza attiva, si armino delle armi più forti e taglienti: le armi della cultura, della storia millenaria, le armi della parola e della denuncia, lontano da silenzi che diventano connivenza. E, con queste armi, si colpisca duro e senza pietà, perché non sia più dato asilo nella nostra città a questi maledetti… vandali!
Come ogni città dalla storia plurisecolare, anche nella mia Vibo Valentia vi sono luoghi che hanno impresso il profumo della vita… e voi, maledetti vandali, pensate di poter distruggere tutto questo?!