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Sanremo 2025 quarto round, la musica finalmente c’è: è tornata! E la Restaurazione Contiana continua a normalizzare

Vince Giorgia, che con la sua voce tutto può, ma la classifica finale non mi trova d’accordo: la mia personale è un’altra, tra top, flop e… casi umani

di Maurizio Bonanno

Ma allora la musica c’è! C’è ancora!

Dopo un’attesa durata tre serate, dopo una latitanza che cominciava a preoccupare, eccola rispuntare: la musica è tornata grazie alla serata delle cover.

Il giudizio generale è più che positivo: la qualità si è alzata mediamente per tutti, pur tra alti e bassi e qualche “caso umano” sul quale far intervenire gli specialisti piuttosto che i critici musicali.

Ma, andiamo con ordine e cominciamo col dire che non condivido la classifica finale.

Ad aggiudicarsi la serata cover sono Giorgia e Annalisa con ‘Skyfall’ di Adele. Al secondo posto Lucio Corsi e Topo Gigio con ‘Nel blu dipinto di blu’, sul terzo gradino del podio Fedez e Marco Masini con ‘Bella Stronza’. Quarto posto per Olly e Goran Bregovic e la Wedding and Funeral Band con ‘Il Pescatore’ di De Andrè, quinti Brunori Sas, Riccardo Sinigallia e Dimartino con ‘L’anno che verrà’ di Lucio Dalla.

Il fatto è che Giorgia, con quella sua voce sta un grandino su, in ogni caso.

A parte il fatto che la cinquina di questa serata conferma la presenza costante di Giorgia, Brunori e Lucio Corsi, non si capisce come ci si sia potuti dimenticare di Serena Brancale e Alessandra Amoroso che si sono esibite in “If I ain’t got you” di Alicia Keys: roba da lasciare a bocca aperta!

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Certo, si sono prese una bella responsabilità: “If I Ain’t Got You” è uno dei brani più iconici della cantante americana, estratto dal suo album The Diary of Alicia Keys del 2003, un pezzo che è anche un inno al soul e al gospel e Serena Brancale e Alessandra Amoroso hanno offerto un’intensa interpretazione mostrando forte carica emotiva ed un legame personale che lega entrambe le artiste facendo mostra di una voce altezza della sfida. Personalmente, metto questa al primo posto.

Nel mio personale podio, al secondo posto avrei inserito Clara con Il Volo: connubio perfetto, esibizione altrettanto e canzone senza tempo che merita di essere recuperata tra queste giovani generazioni che non la conoscono penalizzando così la classifica finale (è l’unica spiegazione logica che sento di dare a questa ingiustificata assenza tra i primi posti).

Al terzo, Rocco Hunt e Clementino. Nostalgia e rimpianto nell’omaggio a Pino Daniele. Ritmo e coinvolgimento come sa creare questo brano monumentale e la loro versione che ha mantenuto freschezza e qualità.

Avrei fatto salire di una posizione, dal quinto ottenuto al mio quarto posto, Brunori Sas. Questa versione de L’anno che verrà è stata rispettosa proponendo un’atmosfera magica come fossimo, con quella sua chitarra al collo, in spiaggia raccolti intorno ad un falò in una piacevole sera d’estate. Allegria spensierata, tenerezze ed emozioni con la dedica finale a Paolo Benvegnù, proprio come quando in questi momenti si ricorda l’amico caro che adesso non c’è più: magia pura.

Come magia, questa volta musicale, è stata l’accoppiata Massimo Ranieri-Neri per caso: una lezione di canto a questi giovanotti che nascondono i loro evidenti limiti con l’autotune, invece di studiare musica e canto.

Come emozionante è stato l’omaggio di Marcella Bella al fratello Gianni: davvero “L’emozione non ha voce”!

Gara di eleganza tra Elodie e Achille Lauro. Quest’ultimo dà la sensazione di essere venuto a Sanremo con l’intenzione di vincere il Festival.

Da ripensare Cristicchi e consorte con La Cura, capolavoro straordinario del Maestro Battiato. Accoppiata vincente anche quella tra Arisa in versione Morticia Addams e un Irama che assomiglia sempre più a Rod Stewart, se solo si scrollasse di dosso quel senso di angoscia che sembra accompagnarlo quasi sempre. Continua ad apparire interessante il team che Shablo ha portato a Sanremo, con il calabrese Tormento sembra all’altezza, con Guè la cui sola presenza dice già tutto e soprattutto una voce fantastica che è quella di Joshua

Non resta che riflettere su certi “casi umani”.

Innanzitutto, il fenomeno di questa edizione del Sanremo Contiano della Restaurazione (normalizzazione): l’innamoramento generale, generalizzante, verso Lucio Corsi. Non so se è più sorprendente la sua presenza, oppure questo totalizzante innamoramento che ha colpito inesorabilmente tutti. Si attesta tra i favoriti, perché colpisce al cuore del buonismo che c’è in tutti noi ed il trittico cover è stato un capolavoro: la delicatezza del suo essere menestrello (pensare che ha sciolto una solitamente acida come la Lucarelli, che lo ha paragonato al Piccolo Principe di Saint Exupèry: è roba da far sobbalzare!), la tenerezza nostalgica del ritorno di Topo Gigio, la rispettosa ripresa del brano iconico e senza tempo della musica italiana nel mondo che è Volare, ovvero Nel blu dipinto di blu (che rappresenta, poi, un doppio omaggio, perché si ricorda che il primo doppiatore di Topo Gigio pare sia stato proprio un giovane Domenico Modugno). Insomma, nel giorno di San Valentino, questo innamoramento collettivo per Lucio Corsi si è compiuto definitivamente.

I “casi umani”, si diceva.

Basta, non se ne può più di assistere alla disperazione di un contrito, depresso, affranto Fedez! Basta: è una sofferenza vederlo soffrire su quel palco. E con a fianco Masini si è raggiunti il top!

E Tony Effe… Dopo aver sorpreso positivamente con il suo stornello romano presentato con eleganza la prima serata, si è come pentito di aver fatto il buono. E adesso “rompe” con ‘sta storia della “collana negata”. Da due sere sale sul palco con i modi di quello che si chiede “perché sono qui? Che ci sto a fare qui?”. E non ci stare: falla finita. Sono “tormenti” tuoi, non ammorbare noi! Nonostante Noemi, per Tony Effe Tutto il resto è noia.

A proposito, Rose Villain con Chiello in “Fiori di rosa e fiori di pesco”: arrestateli!

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