Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 16 febbraio
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime, carissimi,
oggi, 6ª domenica del tempo ordinario, proclamiamo, in tutte le assemblee liturgiche, le beatitudini, scritte per noi dall’evangelista Luca. “Le beatitudini sono le più alte parole del pensiero umano” (Mahatma Gandhi).
Andiamo al testo:
“Ed egli, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame a causa del Figlio dell’uomo…
Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete. Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti”. (Luca 6,18-26).
Le beatitudini sono un inno alla vita, alla speranza, al futuro. Un invito a guardare la storia con gli occhi dei poveri, non dei ricchi. Le beatitudini parlano di questa vita, hanno sapore di terra. Gesù alza gli occhi, non verso il cielo, ma verso quel popolo che si era radunato in pianura. “C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone” (Luca 6,17). Tutti vengono a Lui, carichi del proprio fardello di miserie e di ferite.
A loro Gesù dice “beati”, cioè, state in piedi, a fronte alta, in cammino.

“Beati voi, che piangete”! Ma ricordatevi che Dio non ama il dolore, ma nel dolore, è con voi per vincere il dolore.
“Dio naviga in un fiume di lacrime” (Davide Maria Turoldo). Dio non ci libera dalle lacrime, ma, ogni giorno, le asciuga; non ci protegge dal pianto, ma ogni giorno, è dentro il pianto.
“Beati voi poveri”. Gesù non benedice la povertà, ma coloro che l’iniquità dei potenti condanna alla privazione delle esigenze più essenziali: lavoro, casa, salute, scuola. libertà.
“Il vero problema del mondo non è la povertà, è la ricchezza.
La povertà vuol dire libertà del cuore dai possessi; libertà come pace con le cose, pace con la terra… La ricchezza malvissuta, invece, è guerra, è usurpazione, è il primo soggetto dei disordini del mondo”. (Davide Maria Turoldo).
Beati, beati, beati, “perché vostro è il regno di Dio”…
E allora, oggi, questo messaggio bisogna gridarlo forte per le strade, nelle piazze, nelle imprese, nelle campagne, nelle periferie esistenziali, perché troppi uomini e donne, dentro le loro povertà, nelle persecuzioni, nei loro pianti, nei nuovi campi di concentramento, lo attendono con tutta la forza dell’anima e del corpo.
Ai quattro auguri di speranza in un mondo che deve venire seguono quattro peana di morte,quattro “guai”.
Guai è la traslazione dell’ebraico ohi, che era il lamento funebre nella veglia di preghiera notturna. I guai non sono una maledizione, Dio non maledice, non vuole il male di nessuno. Non sono, quindi, una minaccia , ma un avvertimento: se ti riempi di cose che imprigionano il pensiero e gli affetti, se sazi tutti i tuoi famelici appetiti, se cerchi applausi, se accumoli danaro, rubando ai poveri, non sarai mai felice, mai!
I guai sono un lamento di Gesù su tutti coloro che all’essenziale preferiscono il superfluo; su tutti coloro che sono pieni di sé, che vivono per le cose e non hanno un briciolo di spazio per l’Eterno, per i bastonati della vita e per la custodia della casa comune che è il creato.
Quattro lamenti funebri sul vecchio mondo chiuso ed egoista… In attesa di cieli novi e terre nuove, dove ci sarà diritto di cittadinanza per tutti .
Buona domenica col monito di Sant’Agostino di Ippona: “Il ricco desidera ardentemente accumulare danaro, ma trema per la paura di perderlo”.
Don Giuseppe Fiorillo.