L’indagine è scaturita da alcuni controlli effettuati su una platea ben più ampia fatta di 75 soggetti tutti ritenuti autori di plurime condotte illecite in danno dell’I.N.P.S., finalizzate a conseguire l’indebita percezione di pensioni di invalidità, sussidi o benefici di natura previdenziale e assistenziale non dovuti.
La Guardia di finanza di Reggio Calabria ha sequestrato 350.000 euro a 15 persone tutte indagate a vario titolo, per reati di falso e truffa ai danni dello Stato.
L’indagine è scaturita da alcuni controlli effettuati su una platea ben più ampia fatta di 75 soggetti tutti ritenuti autori di plurime condotte illecite in danno dell’I.N.P.S., finalizzate a conseguire l’indebita percezione di pensioni di invalidità, sussidi o benefici di natura previdenziale e assistenziale non dovuti.
In particolare nel 2020 le Fiamme Gialle avevano eseguito una perquisizione nell’abitazione di un infermiere presso il Grande Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria; a casa sua erano stati trovati i timbri riconducibili ad Amministrazioni Pubbliche nonché a medici in servizio presso l’ospedale reggino e altri ospedali della città metropolitana, documentazione sanitaria di vario tipo (referti medici, analisi cliniche, certificati, tracciati cardiologici, cd rom contenenti esami strumentali riferiti a diversi soggetti, ricettari medici), oltre a fotocopie di carte di identità di soggetti residenti nel territorio cittadino, alcune di esse in bianco, con la sola indicazione del numero identificativo, istanze volte a ottenere la pensione di invalidità indirizzate all’I.N.P.S. con relativi esiti e documentazione palesemente artefatta, che si presentava sotto forma di ritagli o parti di ulteriori documenti modificati con correttori coprenti, stampe su carta priva di intestazione, fogli riproducenti timbri e firme.
Tutto questo materiale ha fatto insospettire i finanzieri che hanno svolto controlli più approfonditi che hanno permesso di accertare come l’infermiere e gli altri destinatari del sequestro avessero utilizzato atti falsi di natura pubblica finalizzati all’ottenimento di pensioni di invalidità e di sussidi o benefici di natura previdenziale e assistenziale, inducendo in errore, in questo modo, gli Enti destinatari delle istanze, sull’effettiva sussistenza dei requisiti necessari per la loro concessione.
Le investigazioni consentivano di appurare, inoltre, come una parte degli indagati avesse presentato le false certificazioni per ottenere un ingiusto profitto rappresentato da altri benefici o vantaggi quali, ad esempio, la fornitura gratuita di protesi, l’iscrizione alle liste “cosiddette categorie protette” per il collocamento obbligatorio, agevolazioni fiscali per l’acquisto di mezzi di trasporto, esenzione dal pagamento del ticket sanitario, priorità nelle graduatorie per l’assegnazione di alloggi popolari, congedi straordinari retribuiti per cure fino a trenta giorni annuali, aumento della percentuale di invalidità.
Tutti gli altri soggetti coinvolti dall’indagine sono stati indagati anche per frode processuale per aver utilizzato le false certificazioni dianzi accennate nell’ambito di ricorsi proposti innanzi al Tribunale Civile – Sezione Lavoro a seguito di istanze di sussidio inizialmente non accolte, al fine di indurre in errore i periti nominati dal Giudice sull’effettiva sussistenza, in capo ai richiedenti, delle patologie necessarie all’ottenimento delle indennità e dei benefici suindicati.