Democratici e Riformisti accusano un clima di intolleranza, ma intanto il sindaco, dinanzi al primo grosso scoglio, si salva solo grazie ad una inaspettata stampella
Gli arcani della politica in salsa vibonese, avrebbe detto qualcuno abituato ad un uso forbito del suo dire.
Tengo famiglia, avrebbe invece detto più prosaicamente qualche detrattore abituato a sentenziare criticamente gli attori che calcano il palcoscenico di Palazzo Luigi Razza.
Fatto sta che quanto andato in scena nell’edizione mattutina (il matinée, in gergo teatrale) del Consiglio comunale di Vibo Valentia ha colto di sorpresa… ma poi, nemmeno tanto!
Il punto all’ordine del giorno era senza ombra di dubbio il più delicato e quello politicamente più rilevante: l’approvazione del rendiconto di gestione 2024, al secolo, il conto consuntivo, atto politico dal valore assoluto. Oltretutto, era l’atto che ufficializza la diminuzione del disavanzo da circa 3 milioni di euro, della quale tutti si attribuiscono i meriti: l’ex sindaco Maria Limardo, che non solo ha governato la città per i primi sei mesi del 2024, quanto soprattutto perché al lavoro del suo esecutivo attribuisce il duplice successo dell’aver fatto uscire la città dal dissesto e dall’aver permesso la diminuzione del disavanzo; ma anche l’attuale maggioranza se ne acquisisce merito, anche perché la programmazione ed il bilancio presentato spetta a chi attualmente governa e rimane l’atto politicamente più significativo.
Mentre l’ordine del giorno concentrava l’attenzione su questo delicatissimo e – è bene ribadirlo – politicamente importantissimo ed essenziale (vitale, si potrebbe dire), molto altro e di più accadeva, tra i gruppi consiliari: di opposizione, come di maggioranza.
Come riferito in altro articolo, gli equilibri nel centrodestra sono cambiati con il gruppo Cuore Vibonese (leggi Pitaro) divenuto il più numeroso a spese di Forza Italia (sceso al secondo posto).
Diversa complessità nella maggioranza di centrosinistra, con la nascita di un nuovo gruppo, quello dei Democratici e Riformisti, formato da quattro consiglieri comunali, sotto la regia (per niente occulta) del capogruppo del Misto, Nico Console pure lui adesso iscrittosi ai dem, seppure sub judice in attesa di sapere le determinazioni della Commissione di garanzia del PD, chiamata a dirimere questioni regolamentari.
Apre le danze Marcella Mellea, una di quelle che si è spostata nei Riformisti e per questa dimessa da presidente della IV Commissione. Mellea spiega la sua posizione considerato: “Il rincorrersi di notizie stampa, afferenti la riassegnazione della Presidenza della IV Commissione consiliare”, per cui ritiene opportuno: “a tutela della mia persona e della mia onorabilità – sgomberare il campo da ogni possibile fraintendimento, congettura o speculazione”.
Quindi, perentoria dichiara: “non sono in alcun modo disponibile, né interessata, a tornare a ricoprire la carica dalla quale mi sono dimessa. Con ciò precisando che non sono minimamente attaccata ad alcuna poltrona, che non sia quella del mio onesto e apprezzato lavoro. Le mie dimissioni da Presidente della IV Commissione sono state peraltro condivise con il mio nuovo Gruppo Consiliare, che affiancherò nel mio ruolo di consigliera comunale, convinta della necessità di una migliore agibilità politica, di un’azione politica più efficace e più incisiva, nell’esclusivo interesse della mia città e dei miei concittadini”.
Chiarito ciò, ecco il fatidico punto all’ordine del giorno.
Ora, è chiaro anche ai più sprovveduti in tema di politica praticata che l’approvazione di un bilancio sia l’atto politico di maggiore importanza per un esecutivo. Ed è chiaro quindi, anche ai più sprovveduti, che la sua approvazione rappresenti un atto politicamente qualificante del sindaco in carica e del suo esecutivo. Dunque, è evidente che la sua approvazione sia un elemento distintivo della maggioranza, mentre è un elemento distinguente (i suoi sinonimi più comuni sono: visibile, discernibile, percepibile, individuabile, riconoscibile, chiaro, distinto) per chi sta all’opposizione. Anche perché, considerata l’anomalia di un consuntivo che per metà appartiene al passato esecutivo, all’opposizione non mancano gli strumenti per dare valore politico alla sua azione politica di mettere sotto scacco il sindaco e mettere in bilico l’intera consiliatura, in quanto il famigerato TUEL, (il testo unico degli enti locali) ricorda che, in caso di bocciatura (fatto politicamente dal valore fortissimo per la tenuta di una maggioranza e per la credibilità di un sindaco) “…quando il consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto dalla giunta, l’organo regionale di controllo assegna al consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore ai 20 giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all’amministrazione inadempiente). Dunque, quale messaggio politicamente caratterizzante sarebbe far pesare al sindaco che questo “bilancio misto” potrà essere approvato solo da un commissario e non dal consigli comunale?!
Qualcuno dei consiglieri che siede su quegli scranni di Palazzo Luigi Razza deve avere avuto presente questo passaggio e, volendo dare valore politico (perché in un consiglio comunale si dovrebbe praticare la politica) al momento topico, escogita una mossa: nella maggioranza, i 4+1 che già nei giorni scorsi avevano garantito l’appoggio esterno al sindaco Romeo escono dall’aula, così fanno pure, dall’opposizione il civico Muzzopappa e l’esponente di Fratelli d’Italia, Schiavello. Fare i conti, a questo punto, è un gioco da bambini: se tutta l’opposizione si allontana, il sindaco Romeo non ha più i numeri per fare approvare il consuntivo: un atto politico dirompente, una crisi incombente.
Invece che succede?
Il centrodestra va in soccorso: resta in aula e consente l’approvazione del bilancio. Romeo è salvo.
Il valore di questa “stampella” offerta al sindaco assume un valore ancora più significativo nel momento in cui s va a leggere quanto dichiara Alessandra Grimaldi, capogruppo dei Democratici e Riformisti, che denuncia: “atteggiamenti di forte chiusura da parte di alcuni pezzi di maggioranza che pensano di governare le dinamiche politiche, non mediante l’utilizzo degli strumenti democratici del confronto e del rispetto reciproco, ma attraverso editti e liste di proscrizione che anziché favorire il dialogo non fanno altro che condizionarla al punto di farle alzare muri divisivi incomprensibili sul piano politico”.
Un’accusa forte, alla quale la Grimaldi premette un principio che con il buon senso dovrebbe apparire ovvio: “I processi democratici che spontaneamente, naturalmente, avvengono nella vita della nostra città e che portano alla formazione democratica di nuove soggettività, riteniamo che siano fisiologici in una società civile, in una società democratica sana. Il fermento della vita democratica è il segnale di una città, o di una parte di essa, viva e che non si rassegna ad un quadro politico statico, fatto sempre dagli stessi attori ed a cui i vibonesi sono abituati ormai da parecchi anni. Se e quando subentrano elementi di novità nella vita politica di una città, non si dovrebbe essere né tristi né arrabbiati, semmai incuriositi da questi segnali di vitalità democratica che costituiscono una novità in una città abituata agli stessi scenari ed agli stessi attori ormai da troppo tempo”.
Per cui, a giudizio della capogruppo dei Democratici e Riformisti: “Bisognerebbe essere disposti ad ascoltarne le ragioni offrendosi ad un confronto, che in questo caso dovrebbe essere agevole, per l’evidente affinità di questo gruppo che si nutre della presenza di componenti mossi dallo spirito dello stesso programma elettorale concordato con il Sindaco, e con cui quindi dovrebbe essere naturale fisiologico, spontaneo ed agevole il dialogo per la costruzione di ponti e non di muri”.
Alessandra Grimaldi, a questo punto, a nome di tutto il gruppo annuncia: “Prendiamo le distanze da questo modo di interpretare la politica ed i ruoli; un metodo che compromette la più ampia partecipazione possibile nell’adozione di scelte politico-amministrative forti ed il più largamente possibile condivise e condivisibili. Un metodo che non può appartenere all’Enzo Romeo che abbiamo conosciuto prima, durante e dopo la campagna elettorale ed al quale facciamo appello affinché si ripristini la vita democratica all’interno di una maggioranza in cui ogni gruppo abbia reciproca dignità in attuazione delle regole democratiche certe che ci siamo dati sin dall’inizio e che non può, Sindaco, sacrificare per assecondare singole posizioni di parte che sembra abbiano come unico obiettivo la difesa delle poltrone piuttosto che lo sviluppo di sani rapporti democratici su cui costruire le scelte per il futuro di questa città”.
L’atto finale, è un porta socchiusa ma anche un ribadire la denuncia di un centrosinistra vibonese ormai in crisi: “Invitiamo, dunque, il Sindaco a intervenire – conclude Alessandra Grimaldi facendosi portavoce dei componenti il gruppo consiliare dei Democratici e Riformisti – per limitare le azioni e le posizioni divisive che possono solo pregiudicare il percorso di crescita comune, che ci siamo prefissati all’inizio di questa esperienza insieme, e non può essere, secondo noi, compromesso da chi ci vorrebbe, con metodi autocratici, obbligatoriamente relegarci al ruolo di semplici comparse”.
Un apprezzabile moto d’orgoglio, ma intanto per oggi il sindaco Romeo ha salvato il suo esecutivo grazie ad un inaspettato – e nemmeno richiesto – sostegno venuto dall’altra parte.
Gli arcani della politica vibonese!