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Don Fiorillo: Chi segue il “Pastore bello” non si perde…

Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 11 maggio

di Mons. Giuseppe Fiorillo

Carissime, carissimi,

la breve pagina, che la liturgia della parola di questa quarta domenica di Pasqua, è parte essenziale del 10º capitolo del Vangelo di Giovanni, capitolo detto del “bel pastore”.

Ascoltiamo la pericope: In quel tempo Gesù disse: “Le pecore ascoltano la mia voce. Io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola”. (Giovanni 10,27-30).

Gesù è nel tempio di Gerusalemme e, precisamente, nel portico di Salomone, dove si radunano gli Scribi per dare risposte a chi chiede spiegazioni sulla Torah. Siamo nei giorni in cui si celebra la festa di Hanukkah o della Dedicazione, quella in cui gli Ebrei ricordano la purificazione del Tempio, fatta da Giuda Maccabeo, dopo che Gerusalemme era stata liberata dal pagano Antioco Quarto Epifane. Gesù passeggia nel cortile e non chiede nulla, sono loro invece, i Capi dei Giudei che, osservando i segni che compie, gli chiedono: “Fino a quando ci terrai sull’incertezza? Se tu sei il Cristo dillo a noi apertamente” (Giovanni 10, 24). Gesù risponde loro, evidenziando la difficoltà a svelare la sua identità a quanti non credono in lui, a quanti non vedono le sue azioni come azioni che vengono da Dio, in definitiva, a quelli che non sono sue pecore.
Gesù disse loro: “Fino a quando ci terrai sull’incertezza? Se tu sei il Cristo dillo a noi apertamente” (Giovanni 10, 24). Gesù risponde loro, evidenziando la difficoltà a svelare la sua identità a quanti non credono in lui, a quanti non vedono le sue azioni come azioni che vengono da Dio, in definitiva, a quelli che non sono sue pecore.
Gesù disse loro: “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono”.

Jesus good shepherd by Volodymyr


In questa breve affermazione notiamo tre verbi che caratterizzano i rapporti tra il Pastore (Gesù) e le pecore (popolo di Dio).
ASCOLTARE non è udire. Udire è un suono, ascoltare, invece, è dare la propria adesione alla parola del Signore che parla e non impone nulla. Ascoltare è condividere un progetto di vita che non si esaurisce nel presente, ma si dilata nel futuro.
CONOSCERE implica una comunione di persone che condividono la stessa vita, impastata di gioia e dolori, vittorie e sconfitte.
SEGUIRE. I pastori del tempo di Gesù passavano mesi in simbiosi di vita con le pecore ed a ciascuna davano un nome. A sera, le pecore venivano custodite nella zona in un unico ovile, al mattino, ogni pastore sulla porta chiamava per nome le proprie pecore, le quali, al suono della voce, lo seguivano alla ricerca di verdi pascoli. Seguire Gesù,
“Pastore grande delle pecore”. (Ebrei 13, 20), significa avere forte motivazioni a tenere lontano i seduttori che promettono vita facile e facili ricchezze e seguire, invece, i maestri che assicurano radici solide e robuste, ali per solcare cieli nuovi.
“Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno le persone e nessuno le strapperà della mia mano”.
“Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi”(2 Corinzi 4,8-9).
Oggi Gesù, con la forte autorità della sua parola, ci dà questa bella notizia, vissuta da un testimone, vittima del campo di sterminio di Auschwitz: “Chi segue il “Pastore bello” non si perde dentro tante piccole cose, ma tiene d’occhio, in questo mondo, le cose che contano” (Hetty Hillesum).

Buona domenica e tanti auguri a tutte le mamme che generano vita, mentre le guerre, tutte le guerre, uccidono.
Don Giuseppe Fiorillo

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