Si sono aperte le porte del carcere per Michele LABATE , Francesco Salvatore LABATE e Paolo LABATE, mentre Antonino LAGANA’ è finito ai domiciliari
I Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria e dello Squadrone Eliportato Carabinieri Cacciatori “Calabria” hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 4 indagati ritenuti di far parte della cosca “LABATE”, articolazione ‘ndranghetista egemone nel quartiere Gebbione di Reggio Calabria, indagati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso.
Per tre di loro, Michele LABATE , Francesco Salvatore LABATE e Paolo LABATE, si sono aperte le porte del carcere mentre per uno, Antonino LAGANA’, è stata prevista la misura degli arresti domiciliari presso il proprio domicilio, in quanto ritenuto un mero gregario degli altri tre.
Il provvedimento scaturisce da un’indagine del ROS, avviata nel 2019, che ha consentito di documentare come, dopo gli arresti eseguiti nella precedente indagine “HELIANTUS”, la cosca dei Labate avesse mantenuto inalterati gli assetti sul territorio mettendo temporaneamente al vertice i fratelli minori, facendoli comunque rispondere a quelli ormai finiti in carcere, soprattutto a Pietro
Labate ritenuto da sempre capo carismatico del sodalizio.
Inoltre il gruppo continuava a mantenere il controllo della zona utilizzando anche una rete di comunicazioni che prevedeva incontri riservati presso luoghi ritenuti sicuri, utilizzando fidati fiancheggiatori per “schermare” gli appuntamenti, il tutto al fine di imporre l’acquisto di prodotti alimentari da specifici venditori o il pagamento di tangenti estorte anche con la forza.
Paolo LABATE, poi, per conto del padre Michele, durante la sua carcerazione, manteneva rapporti con gli imprenditori legati alla cosca, agevolando e coordinando l’infiltrazione del gruppo in alcuni settori in espansione come quello della grande distribuzione alimentare.
In questo quadro, spicca la figura di Antonino LAGANA’, che veniva usato per veicolare messaggi ed ambasciate, riscuotere proventi delle estorsioni, eseguire azioni ritorsive e mantenere rapporti con i rappresentanti della comunità Rom al fine di consentire alla cosca il controllo sulla microcriminalità operante sul territorio.