Un’analisi schietta e realistica ed una franca riflessione sulla situazione ambientale nella nostra regione in occasione di questa ricorrenza
di Andrea Infantino
Questo 5 giugno, Giornata Internazionale dell’Ambiente, deve rappresentare un momento di analisi e di riflessione per capire quanto sia reale la crescita della consapevolezza ambientale, soprattutto tra i giovani, considerato che le nuove generazioni si stanno mostrando sempre più attente ai temi della sostenibilità, dell’economia circolare e della giustizia climatica. Non mancano esempi positivi di cittadini, comitati e imprese locali che puntano su pratiche ecocompatibili, agricoltura biologica e valorizzazione delle risorse naturali in modo sostenibile.
Tuttavia, l’odierna Giornata dell’Ambiente deve servire per evidenziare le contraddizioni ancora irrisolte in Calabria, dove persistono criticità ambientali gravi: dallo smaltimento illecito dei rifiuti alle discariche abusive, dall’abusivismo edilizio al rischio idrogeologico, fino all’inquinamento di fiumi e coste. Alcuni territori pagano ancora il prezzo di decenni di incuria e di politiche ambientali frammentarie o inefficaci.
I dati sul consumo di suolo, ad esempio, mostrano che anche in una regione a bassa densità urbanistica come la Calabria si continuano a cementificare aree verdi, spesso in maniera incontrollata. Le bonifiche di siti contaminati, come l’ex area industriale di Crotone, procedono con lentezza e tra mille ostacoli burocratici.
La sfida per i prossimi anni sarà quella di trasformare la crescente attenzione ambientale in politiche concrete e durature. Servono investimenti, competenze e una visione integrata dello sviluppo territoriale che metta al centro l’ambiente come leva di crescita sostenibile. Le risorse del PNRR, se ben utilizzate, potrebbero rappresentare un’occasione storica per promuovere una transizione ecologica vera anche in Calabria.
Ma, proviamo a fare una fotografia della situazione ambientale in Calabria suddivisa in alcuni dei principali aspetti
Raccolta differenziata: miglioramenti ma obiettivi ancora lontani
Secondo il report 2024 di Arpacal, la raccolta differenziata in Calabria è aumentata dal 52,04% nel 2021 al 56,28% nel 2023. Tuttavia, questo dato rimane al di sotto dell’obiettivo del 65% previsto dalla normativa nazionale (D.Lgs. 152/2006). Tra le province, Catanzaro ha raggiunto il 66,40%, mentre Reggio Calabria e Crotone si attestano rispettivamente al 44,05% e 44,49%
Il Piano regionale di gestione dei rifiuti è stato aggiornato nel 2022, ma l’attuazione concreta resta parziale. La differenziata cresce (+4% dal 2021 al 2023), ma l’assenza di impianti pubblici di compostaggio e la persistenza di discariche provvisorie bloccano la chiusura del ciclo dei rifiuti.
Inoltre, non è ancora stato approvato un Piano del Clima e dell’Energia Regionale (PAESC) con obiettivi vincolanti, e la pianificazione dell’adattamento climatico resta assente, nonostante l’alto rischio idrogeologico del territorio.
Crimini ambientali: una piaga ancora aperta
Il rapporto Ecomafia 2024 di Legambiente evidenzia che la Calabria si colloca al quarto posto in Italia per numero di reati ambientali, con 2.912 infrazioni registrate nel 2023. Le province di Cosenza, Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia figurano tra le prime venti a livello nazionale per numero di reati ambientali.
La ‘ndrangheta, secondo Legambiente, agisce spesso in collusione con segmenti della pubblica amministrazione e dell’imprenditoria locale. Nonostante le inchieste della magistratura e l’impegno delle forze dell’ordine, la politica regionale continua a non mettere al centro dell’agenda la legalità ambientale, né a rafforzare la trasparenza nei processi decisionali.
Consumo di suolo: rallenta ma persiste
Il consumo di suolo in Calabria ha registrato un incremento di 138 ettari nell’ultimo periodo monitorato, portando il totale a 76.680 ettari, pari al 5,08% del territorio regionale. La provincia di Cosenza ha mostrato il maggiore incremento, mentre Reggio Calabria il minore
Performance ambientali urbane: capoluoghi in difficoltà
Il rapporto Ecosistema Urbano 2024 di Legambiente evidenzia un peggioramento nelle performance ambientali dei capoluoghi calabresi. Catanzaro ha registrato un calo di oltre 30 posizioni rispetto al precedente report, principalmente a causa di alti consumi idrici (280 litri pro capite al giorno) e perdite di rete che disperdono la metà dell’acqua immessa. Reggio Calabria si colloca al penultimo posto nella classifica nazionale.
Nel triennio 2021-2024, la Calabria ha ricevuto circa 4,6 miliardi di euro tra PNRR e FSC (Fondo per lo Sviluppo e la Coesione). Una quota importante di questi fondi riguarda investimenti “verdi” (bonifiche, reti idriche, mobilità sostenibile, forestazione urbana). Tuttavia, la capacità di progettazione resta limitata e frammentata.
Molti Comuni calabresi hanno difficoltà a presentare progetti esecutivi. Alcuni bandi PNRR per la rigenerazione urbana sono andati deserti, o hanno visto scelte poco trasparenti. Secondo la Corte dei Conti e l’ANAC, il rischio di dispersione o inefficacia dei fondi è elevato anche a causa di un sistema amministrativo fragile, e spesso condizionato da logiche clientelari.
Inquinamento delle acque: segnali contrastanti
Nel luglio 2024, il fenomeno del “mare verde” ha interessato il litorale tirrenico calabrese, causato da una proliferazione anomala della microalga Pyramimonas, attribuita a sversamenti di nutrienti in mare. Al contrario, i laghi silani hanno mostrato buone condizioni ambientali, con parametri entro i limiti di legge, ad eccezione del lago Angitola, risultato fortemente inquinato alla foce del fiume omonimo.
Alla ricerca di un “green deal” calabrese
Dunque, la Calabria mostra segnali di miglioramento in alcuni ambiti ambientali, come la raccolta differenziata e la gestione delle acque interne. Tuttavia, persistono criticità significative legate ai crimini ambientali, al consumo di suolo e alle performance ambientali urbane.
Manca in Calabria un vero “green deal” regionale. Le politiche ambientali vengono spesso gestite in chiave emergenziale o come risposta a pressioni sociali e giudiziarie. Non si costruisce una narrazione condivisa del futuro sostenibile della regione: la tutela del paesaggio, la decarbonizzazione, la valorizzazione della biodiversità non sono ancora assi portanti dello sviluppo territoriale.
La transizione energetica si affida in gran parte all’iniziativa privata (eolico, fotovoltaico), spesso senza un controllo pubblico sugli impatti sociali e ambientali. L’agricoltura sostenibile, le filiere forestali, l’ecoturismo rimangono marginali nelle politiche di sviluppo rurale.
Ed allora, è bene ribadire quanto sia fondamentale un impegno più incisivo da parte delle istituzioni e della società civile per affrontare queste sfide e promuovere uno sviluppo sostenibile nella regione. Ma non si può negare che l’ambiente in Calabria è soprattutto una questione politica, prima ancora che tecnica. Serve una svolta culturale e istituzionale che trasformi le politiche ambientali da ambito di spesa a leva strategica per coesione sociale, innovazione e giustizia territoriale. Ma questo richiede una classe dirigente coraggiosa, competente e svincolata dalle rendite del consenso clientelare.
La sfida non è solo ambientale: è democratica.