Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 8 giugno
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime, carissimi,
sette settimane dopo la Pasqua – il 50º giorno – è la festa della Pentecoste.
Pentecoste presso gli Ebrei, al tempo di Gesù, era l’antica festa dell’Alleanza: Israele, difatti, arrivò 50 giorni dopo l’uscita dall’Egitto (la Pasqua) al Sinai ed in ricorrenza di quella data festeggiava, ogni anno, il patto con Dio.
Per tutti i Popoli antichi, il numero 50 è completezza di vita e di tempo. A Gerusalemme ogni cinquant’anni, sul pinnacolo del Tempio, suonava il grande “jobel” per annunziare il Giubileo, un anno di grazia civile e religiosa: riposo del Creato, restituzione delle terre confiscate ai poveri per debiti, liberazione degli schiavi, sollievo per gli oppressi.(Purtroppo nulla di tutto ciò, dal punto di vista civile, nel Giubileo che stiamo celebrando!).
Noi cristiani, fin dalle origini, celebriamo la Pentecoste, perché, in coincidenza, con la festa ebraica, avvenne, nello stesso giorno, un grande evento, la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli, su Maria e sui primi seguaci, riuniti nel Cenacolo.
Ascoltiamo la parola del Signore: “Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste si trovavano tutti insieme, nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo, un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso e riempi tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito, dava loro il potere di esprimersi. Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che si trova sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé, per la meraviglia, dicevano: “Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia, vicino a Cirene, Romani qui residenti, Giudei e proseliti, Cretesi ed Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio” (Atti degli Apostoli 2,1- 11).
Questa narrazione è una teofania (grande manifestazione di Dio), che coinvolge persone e natura col vento, fuoco e lingue nuove, con una valenza fortemente simbolica. Il vento richiama, difatti, “l’alitare” dello Spirito di Dio, nell’evento della creazione (Genesi 1,2); e richiama ancora, “l’alitare” di Gesù sugli Apostoli, nel Cenacolo, la sera della Risurrezione, con la forza delle parole: “ricevete lo Spirito Santo, a chi rimetterete i peccati, saranno rimessi a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi, (Giovanni, 20, 22-23).
Il fuoco simbolo di calore, di luce,di purificazione: “i giusti il Signore li ha provati e li ha trovati degni di sé: li ha saggiati come oro nel crogiolo del fuoco” (Sapienza 3,5-6).
Il dono delle lingue. A Gerusalemme per la celebrazione della Pasqua e della Pentecoste dell’anno 33 dopo Cristo erano convenuti popoli di tutta l’area del Mediterraneo, i quali ascoltavano nelle proprie lingue le narrazioni dei Testimoni di Cristo, che parlavano la propria lingua, l’aramaico. Questo evento è stato letto ed è letto,oggi, come messaggio di unità, comprensione, accoglienza, dialogo fra i Popoli. Oggi, a Gaza ed in 60 altre località di guerra sta fallendo l’umanità… ed allora c’è urgente bisogno di una rinnovata Pentecoste, che abbia la forza spirituale di far sì che i fragori di morte di bombe e missili siano sostituiti dal suono di vita delle campane, dalle nenie dei minareti, dai mantra delle pagode… di una nuova Pentecoste che faccia sì che l’ascolto sia l’ospitalità della vita che apre “l’orecchio del cuore” (Regola di San Benedetto)… di una nuova Pentecoste, grazie alla quale, finalmente, gli uomini: “spezzeranno le loro spade per farne aratri, trasformeranno le loro lance in falci. Una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra” (Isaia 2,4).
Buona domenica di Pentecoste con l’augurio che sia lo Spirito Santo a guidare l’umanità e non l’umana ingordigia.
Don Giuseppe Fiorillo.
