Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 6 luglio
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime, carissimi,
con questo brano del Vangelo di Luca celebriamo la 14ª domenica del tempo ordinario.
Inizia il racconto dell’ultimo viaggio di Gesù che, dalla Galilea, attraverso la Samaria, porta a Gerusalemme. È un viaggio ricco di incontri, narrazioni, progetti e tanta gioia. Ecco il testo:” In quel tempo, il Signore designò altri 72 e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il Signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli, in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!” Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra…”.(Luca 10,1-20).
Gesù manda i 72 discepoli in missione per annunziare quello che, in questi tre anni di Grazia, hanno ricevuto da Lui. Il numero 72 indica tutte le nazioni della terra. Nel libro della Genesi, (Genesi 10, 1- 32) vengono, difatti, menzionati 72 nazioni. Con ciò si prefigura la Chiesa che porta, attraverso l’opera missionaria, il vangelo in tutto il mondo. A due a due. Nella cultura ebraica la parola di uno ha maggiore forza se sostenuta dalla testimonianza di un altro. Il numero due poi è il principio della comunità: “dove due o tre sono riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro”(Matteo 17, 15).
A due a due. Gesù non vuole dei navigatori solitari, ma persone in comunione che si sostengono vicendevolmente nelle difficoltà della vita. “Andate per le strade, camminate con la gente, osservate i volti, entrate nelle case, ascoltate il cuore della gente. A mani vuote e insieme a due a due”.

A questi Settantadue, prima della partenza, Gesù dà loro delle istruzioni.
Prima istruzione. “Io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”. La missione dei discepoli non è una passeggiata, ma una lotta contro il maligno, perché dove arriva la parola c’è liberazione da compromessi, da peccati, da ingiustizie, da sopraffazioni, dai lupi… simboleggiati, oggi, come ieri, da portatori di violenze, guerre, corruzioni. Ai discepoli, quindi, rivestiti di sobrietà e semplicità, è affidato il compito di mostrare la buona strada, sulla quale cammina il Signore, “datore di lumi”.
Seconda istruzione. Il compito primo della missione è puntare tutto sui valori della persona, sull’essere più che sull’avere. I beni di questo mondo sono importanti, ma non assoluti. Prima viene l’uomo, poi i sandali, la sacca, il bastone… Gesù ci invita a liberarci da tutto quello che ci appesantisce e portare con un impegno la parola di Dio, non se stessi, la propria immagine, il proprio successo. “Non portate nulla, perché tutto ciò che avete vi divide dall’altro” (don Andrea Santoro, ucciso a Trabzon in Turchia nel 2006). Per i discepoli in cammino ci sarà sempre un pane condiviso nelle case della gente dove, con la pace portata con discrezione, la vita genera altra vita.
Terza istruzione. “Non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada” (Luca 10, 4). Nel costume orientale ogni incontro era fatto di inchini, reverenze, e noiosi salamelecchi. Il discepolo non può perdere tempo nei convenevoli e nelle formalità. Bisogna puntare dritto all’essenza delle cose, perché il tempo è breve e la messe è abbondante e gli operai sono pochi. I 72 tornano dalla missione piena di gioia, dicendo: “Signore anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome” (Luca 10,17).
Oggi, nella Chiesa di Dio, c’è urgente bisogno di persone che parlino al cuore della gente con disponibilità e con gioia piena. C’è bisogno d’innamorati di Dio, i quali, in un mondo disperato, aprano squarci di speranza e feritoie di luce. La buona notizia di questa domenica è questa: “Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli”.(Luca 10, 20)
don Giuseppe Fiorillo.