Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 13 luglio
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime, carissimi,
con questa pagina del vangelo di Luca, siamo in cammino con Gesù verso Gerusalemme. Viaggio, ricco di storie, di emozioni, d’incontri.
Oggi avviene un incontro particolare con un dottore delle legge che si avvicina a Gesù e gli pone un interrogativo: chi è il mio prossimo? A questa domanda, Gesù risponde con una parabola, con una storia tra le più belle delle letteratura mondiale; storia raccolta in poche righe ed impastata di sangue, di polvere, di splendore e di solidarietà.
Ma andiamo. al testo di questa 15ª domenica del Tempo Ordinario: “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece, un samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede l’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più’, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?”. Quello rispose: “Chi ha avuto compassione di lui”. Gesù gli disse: “Va’ e anche tu fai così”.(Luca 10,25-37).
Nella cultura giudaica si discuteva molto su chi doveva essere considerato il proprio prossimo. Al tempo di Gesù, generalmente, venivano considerati “prossimo” tutti i connazionali ed i proseliti, cioè, i Gentili che avevano aderito al giudaismo. Con Gesù, che, nel racconto, inserisce un samaritano che soccorre un giudeo, la categoria di prossimo diviene universale, ha come orizzonte l’uomo, tutto l’uomo, anche il nemico.
“È noto che i Giudei – scrive Giovanni – non mantenevano buone relazioni, con i Samaritani” (Giovanni 4, 9). Gerusalemme – Gerico: un dislivello tra le due città quasi di 1100 metri. Gerusalemme è posta a 740 metri sopra il livello del mare e Gerico a 350 metri sotto. Le due città erano collegate, allora, da una unica strada di 27 km, tutta curve, passando per il deserto di Giuda. Scenario allucinante, propizio ad incontri niente affatto piacevoli. 27 km che bastano a dividere gli uomini in due categorie: quelli che guardano e passano e quelli che si fermano e si occupano degli altri. Quelli che si autogiustificano col quietare la propria coscienza: (non tocca a me soccorrere… ho fretta… gli impegni familiari mi aspettano); e quelli che si fermano, scendono da cavallo e si prendono cura.
Con la narrazione di questa parabola che si ispira, probabilmente, ad un fatto di cronaca, Gesù si allontana dalla vecchia religione del Tempio, rappresentata dal dottore della legge ed inaugura una nuova visione della religione, tutta rivolta all’uomo ed ai suoi bisogni. A conclusione, l’interlocutore viene delicatamente portato da Gesù a fare i conti con la vita e non con le fantasie, con il cuore e non con le parole: vai, ed anche tu fai così, come il samaritano.

Cosa aveva fatto il samaritano? Lo sappiamo. Il samaritano, che era in viaggio, passando accanto al malcapitato vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò all’albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede dell’albergatore dicendo: ebbe cura di lui, ciò che spenderà di più, te lo pagherò al mio ritorno. Dieci verbi in fila (in questa pagina) che parlano dell’amore concreto del samaritano. Dieci verbi che sono il nuovo Decalogo per l’uomo credente e non credente, per l’ebreo e per il samaritano, per il religioso e lo scismatico.
Oggi l’umanità ha urgente bisogno di Samaritani che si prendano cura dei caduti sui bordi delle strade del mondo. Oggi l’umanità ha urgente bisogno di Samaritani che escano dai palazzi, dalle chiese, dalle case, per ridisegnare una nuova architettura della storia rovesciando i troni dei nuovi folli “semidei” della terra che fanno e disfanno come vogliono. Abbiamo urgente bisogno di Samaritani che ci dicano che la differenza non è tanto tra cristiani, buddisti, musulmani, praticanti, non credenti, ma tra chi si ferma sulle strade del mondo e si fa prossimo dell’uomo derubato, bastonato, massacrato e chi, invece, con vergognosa indifferenza, guarda e tira diritto.
Buona domenica e confortiamoci perché, anche se nel mondo ci sono tanti briganti che rubano ed uccidono a Gaza ed a cento e mille altri luoghi, negli stessi spazi di dolore, passano i Samaritani che si fermano e si prendono cura dei bastonati della terra e ci ricordano che se anche il mondo é un immenso pianto “Dio naviga con noi in questo fiume di lacrime” (Davide Maria Turoldo).
Don Giuseppe