La delocalizzazione al centro del dibattito politico, si discute senza una reale prospettiva
di Salvatore Berlingieri
Depositi costieri. Delocalizzazione. Sembrano essere le parole del testo di una canzone che è diventata il tormentone dell’estate vibonese del 2025. Sembra ma non lo è. L’argomento è entrato nel lessico di una classe politica, sia essa di maggioranza che di opposizione, che ancora una volta mostra la sua non visione di sviluppo. Si interviene, quasi a comando, secondo gli umori del presente.
Il tema della delocalizzazione dei depositi costieri di Vibo Marina sembra appartenere all’umore del momento. Nonostante se ne parli da anni. Se ne parla soltanto. Appunto. Sono diverse le amministrazioni succedutesi nel tempo ad aver affrontato un argomento che mal si concilia con la vocazione turistica di Vibo Marina. Ogni volta la questione viene accantonata, perché chi è politicamente responsabile delle proprie scelte è consapevole del fatto che la loro delocalizzazione non può avvenire con un salto nel buio, senza analizzare le possibile conseguenze, anche di natura economica e occupazionale.
Senza voler fare la cronistoria, preme ricordare che i depositi costieri sono nati ancor prima che Vibo Marina fosse interessata da una espansione urbanistica, spesso anche disordinata. Sono gli anni del decennio successivo alla fine del secondo conflitto mondiale. In quel periodo la politica individua su Vibo Marina le potenzialità di un suo sviluppo industriale, anche se questo mal si concilia con la sua vocazione turistica.
In quegli anni Vibo Marina è anche il simbolo del vento del sud. Questo territorio assume un ruolo da protagonista nella storia delle conquiste sindacali. Il fermento politico, culturale e sindacale che si registra porta, ai primi di novembre del 1968, alla preparazione di un grande sciopero generale del comprensorio di Vibo Valentia. L’occasione è data dalla protesta degli operai del cementificio di Vibo Marina, oggi dismesso. Sono gli anni in cui Vibo Marina segna il passo verso l’eliminazione delle barriere salariali.
Il 13 novembre dello stesso anno, per le strade di Vibo Valentia, sfila una manifestazione senza precedenti. Oltre 8.000 persone. Insieme agli operai del cementificio ci sono i metalmeccanici del Nuovo pignone, gli operai dei depositi petroliferi (realtà industriali tutte attive su Vibo Marina), gli studenti e alcuni leader locali della Cgil. Per rafforzare questa lotta si continua per tutto il mese di novembre a picchiettare i cancelli del cementificio, fino alla proclamazione di un nuovo sciopero di 24 ore destinato a mettere in crisi i rapporti tra azienda e sindacato. In quella occasione il sindacato nazionale assume un ruolo critico nei confronti dei dirigenti locali.
É solo grazie alla determinazione di alcuni sindacalisti di area socialista, tra questi Serafino Pesce, che la contrapposizione tra sindacato e stabilimento si attenua solo con una grande conquista del mondo operaio, che apre la strada all’abolizione delle diversità salariali.
Sono anche gli anni in cui si tessono le lodi di quella luna che il mare di Vibo Marina “vuole baciare”. Immortalata in una canzone che è storia, dove si racconta come “questo bel nostro Tirreno presso i tuoi piedi si inchina; mia Vibo Marina la perla sei tu”. Incisa su un vecchio e ormai introvabile 78 giri, con la voce di Nilla Pizzi su un testo del briaticese Nino Grasso, e conosciuta come “Notte a Vibo Marina”.
La cittadina turistica a quel tempo brilla di luce propria in un territorio bagnato dal Tirreno e vocato al turismo. Di quella che oggi è conosciuta come la “Penisoletta di Capo Vaticano”, tanto cara allo scrittore Giuseppe Berto, a quel tempo è per la maggior parte campagna coltivata, principalmente a cipolla, quella rossa. Il turismo in quell’area è limitato: mare a pensione completa.
In questo contesto primordiale del turismo calabrese Vibo Marina rappresenta una eccezione. I suoi lidi sono affollati di bagnanti e la notte, poi, la si vive tra il piano bar e le piste da ballo. Sono gli anni del boom economico e gli italiani scoprono il piacere di mettersi in viaggio, per turismo. Vibo Marina è una meta, quasi come la Versilia.
Da allora turismo e industria a Vibo Marina hanno imparato a convivere, anche se non si rivolgono la parola. Vibo Marina è una sorta di percorso di sviluppo ibrido. Poi, nel 2000, lo sviluppo industriale di Vibo Marina accusa il suo colpo mortale. La maggior parte degli insediamenti industriali sono dismessi e i capannoni abbandonati testimoniano il fallimento di un progetto di sviluppo che non si è mai saputo adeguare al mutare degli eventi. Anche in questo la politica ha le sue colpe. Tante anche.
I depositi costieri oggi sono l’unica realtà industriale insediatasi negli anni ’60 rimasta attiva, eppure la loro delocalizzazione è ancora di attualità per la politica. Ovviamente diversificando le posizioni che negli anni cambiano.
È ancora vivo il ricordo del dibattito che si è creato nell’agosto del 2023, quando l’amministrazione Limardo emette un’ordinanza per vietare, limitatamente al mese di agosto, il transito dei mezzi pesanti per non appesantire il traffico in piena stagione turistica. Come sia andata a finire è storia, con le posizioni di chi allora si trova all’opposizione che accusa il sindaco di bloccare il rifornimento e quelle di chi, oggi all’opposizione, si trova a difendere l’operato dell’allora primo cittadino. Ad onore del vero, in quella che a quel tempo è opposizione nella città capoluogo, si distingue, per posizione, il consigliere regionale Antonio Lo Schiavo.
L’esponente politico della sinistra solleva la questione sottolineando come l’ordinanza del Comune di Vibo Valentia che vieta, per diverse ore al giorno, il transito dei veicoli pesanti in via Vespucci e in viale delle Industrie, in prossimità dei depositi di carburante, a Vibo Marina, per tutelare la sicurezza e l’incolumità dei bagnanti e dei clienti dei lidi limitrofi, testimonia in maniera inconfutabile un dato: quello dell’inconciliabilità delle attività ricettive con quelle industriali. Per Lo Schiavo, insomma, la delocalizzazione dei depositi costieri è una priorità.
Passa qualche anno, le maggioranze si alternano alla guida del comune, e il centro sinistra si trova a governare la città. Dicembre 2024, in consiglio comunale arriva un ordine del giorno riferito proprio alla necessità di delocalizzare. Quell’ordine del giorno non viene analizzato in una sua visione di sviluppo più articolata. Lo stesso sindaco, Enzo Romeo, sottolinea la necessità di verificare se esistono le condizioni per il rinnovo della concessione alla Meridionale petroli. Per il primo cittadino questo è un tema delicato, parole sue, perché dietro ci sono lavoratori e famiglie.
Estate del 2025. Il tema non sembra più essere delicato nella parte in cui vede coinvolti i lavoratori. Da palazzo “Luigi Razza” la parola d’ordine è delocalizzare, con la prospettiva di rinnovare la convenzione della società per un anno a fronte di una richiesta ventennale. La parola d’ordine, si è detto, diventa il tormentone dell’estate, il cui coro si arricchisce del vociare di quegli esponenti politici che, probabilmente, a Vibo Marina non ci sono mai stati, o ci sono stati solo di passaggio, e disconoscono i reali problemi che la cittadina turistica vive quotidianamente sulla propria pelle. L’occasione però è buona per guadagnare visibilità, del resto le elezioni regionali bussano alla porta.
Forse, dico forse e sarei tentato di togliere il forse, la questione andrebbe affrontata in tutti i suoi aspetti. Magari con l’amministrazione comunale in carica che mette in pratica uno dei tanti tormentoni della campagna elettorale della scorsa estate, ovvero rendere partecipi i cittadini delle scelte amministrative.
Una assemblea pubblica, di quelle che non si vedono più da tempo, per ascoltare la voce dei cittadini, di quei cittadini che in questi anni di voce ne hanno avuto poca e sempre meno. Ascoltare, poi decidere, senza salti nel buio, perché se si cancella una realtà industriale la si deve sostituire subito con qualcos’altro, per non impoverire il territorio. Ascoltare, anche la voce degli abitanti del quartiere Pennello, costretti a convivere con un’altra realtà di depositi costieri. Ascoltare, perché se bisogna delocalizzare bisogna farlo in tutto e per tutto.
Non credo, questo è un mio pensiero, che la Meridionale petroli sia intenzionata a delocalizzare i depositi sul sito di Porto Salvo, per come proposto dalla politica. Penso che un eventuale diniego della proroga possa spingere la società a dismettere il sito di Vibo Marina per trasferirlo in altra realtà calabrese o fuori. Anche questo potrebbe essere una opportunità per Vibo Marina. Una opportunità da tenere in considerazione in un più articolato progetto di sviluppo turistico di quella che un tempo era tra le mete turistiche più rinomate della Calabria.
Una opportunità, certo, a condizione che non si continui sulla strada di quella improvvisazione politica che annienta altre ipotesi alternative di sviluppo. Vibo Marina merita ben altro rispetto a quelle promesse fatte e rifatte. Lo merita la frazione, lo meritano i cittadini. Lo merita il ricordo di chi, negli anni ’60, canta di quella luna che il mare di Vibo Marina vuole baciare.