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La separazione delle carriere dei magistrati: un passo fondamentale verso una giustizia più giusta e trasparente

separazione delle carriere dei magistrati

Il Governo ha il merito di promuovere il completamento del sistema accusatorio introdotto nell’88-89 avendo presente i principi a suo tempo espressi da Giovanni Falcone

Negli ultimi giorni, il Senato ha dato un importante segnale approvando il disegno di legge costituzionale sulla separazione delle carriere dei magistrati. È, questo, un tema complesso, che richiede un equilibrio tra autonomia, indipendenza e responsabilità. La riforma proposta mira a rafforzare la credibilità e l’efficacia del sistema giudiziario italiano, garantendo che chi giudica sia distinto da chi coordina le indagini ed esercita l’azione penale. Il passo successivo sarà il referendum, in cui sarà il popolo italiano a decidere se questa riforma rappresenta un progresso per la nostra democrazia.

È, dunque, un momento cruciale e, come spesso accade in questi casi, le opinioni si dividono, la polarizzazione si acuisce e le polemiche si accendono, rischiando di oscurare un dibattito serio e tecnico sui contenuti della riforma.

Infatti, da un lato, c’è chi la vede come un passo avanti verso una magistratura più autonoma e imparziale; dall’altro, ci sono coloro che temono che possa indebolire l’unità e la coesione del sistema giudiziario, o che possa essere usata come strumento di lotta politica.

È, allora, utile una breve ricapitolazione.

Dal punto di vista politico, il Governo ha avuto il merito di promuovere il completamento del sistema accusatorio introdotto nell’88-89 e del modello del giusto processo scolpito nella Costituzione, il tutto a fronte di un’opposizione che, nei fatti, è venuta più dagli organi rappresentativi della magistratura associata che dalle altre forze parlamentari. Lunga, comunque, è la strada ancora da percorrere: da qui al referendum costituzionale; e da lì, se approvato, alla piena attuazione di una legge che, come è stato scritto, non può essere ricondotta alla classica divisione destra-sinistra.

Il ddl propone importanti modifiche al Titolo IV della Costituzione, con l’obiettivo di dividere nettamente le carriere dei magistrati giudicanti da quelle dei magistrati requirenti. Oggi, infatti, i magistrati seguono un unico percorso di carriera, pur svolgendo funzioni profondamente diverse: sono selezionati con un concorso comune; hanno diritto di elettorato attivo e passivo all’interno di un unico organo di autogoverno, il CSM, che assume valutazioni professionali e disciplinari dei magistrati; condividono tutto ciò che l’unicità della carriera comporta. Eppure, da un lato ci sono i giudici, che si occupano di emettere sentenze con l’obbligo di amministrare la giustizia in modo imparziale; dall’altro ci sono i pubblici ministeri (PM), che coordinano le indagini ed esercitano l’azione penale.

Proprio questa unità di percorso e di organo di autogoverno ha suscitato molte discussioni, soprattutto in relazione alla possibilità di garantire l’imparzialità e l’efficacia della giustizia. La riforma, proponendo di dividere nettamente le carriere e creando percorsi distinti per giudici e PM guarda all’obiettivo di rafforzare il principio di terzietà e imparzialità, fondamentali per un sistema giudiziario che si ispira ai principi costituzionali, in particolare all’articolo 111, che tutela il diritto a un processo giusto.

La distinzione tra chi giudica e chi coordina le indagini o esercita l’azione penale non è solo una questione di organizzazione, ma rappresenta un passo importante per rafforzare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura.

E poi, non si può dimenticare che la riforma si ispira anche agli insegnamenti di figure come Giovanni Falcone e Giuliano Vassalli, che hanno sempre sottolineato l’importanza di un sistema giudiziario indipendente e imparziale.

In particolare, le idee di Giovanni Falcone sulla separazione delle carriere sono ancora oggi un punto di riferimento importante: egli vedeva questa riforma come un elemento chiave per costruire una giustizia più giusta, più efficace e più rispettosa dei principi fondamentali dello Stato di diritto.

Falcone sosteneva l’importanza di distinguere chiaramente i ruoli tra giudici e pubblici ministeri, ritenendo che questa separazione fosse essenziale per garantire l’imparzialità, l’efficacia e l’indipendenza del sistema giudiziario. Secondo lui, un sistema in cui giudici e PM condividono lo stesso percorso di carriera e lo stesso organo di autogoverno rischia di creare conflitti di interesse e di compromettere la neutralità delle decisioni giudiziarie.

In particolare, Falcone vedeva nella separazione delle carriere un modo per rafforzare la credibilità della giustizia, ridurre le possibilità di influenze esterne e garantire che ogni magistrato potesse specializzarsi nel proprio ruolo, sviluppando competenze specifiche. Per lui, questa distinzione avrebbe anche facilitato un controllo più efficace e trasparente delle attività di ogni figura, contribuendo a combattere la corruzione e l’illegalità.

La sua idea era che, separando nettamente i percorsi, si potesse creare un sistema più equilibrato, più trasparente e più rispettoso dei diritti dei cittadini. Inoltre, Falcone sottolineava che questa riforma avrebbe dovuto essere accompagnata da altre misure di rafforzamento della magistratura, come una maggiore autonomia del CSM e una più efficace tutela dei magistrati onesti e indipendenti.

Ecco perché la sua visione sulla separazione delle carriere in magistratura appare ancora oggi molto significativa e non deve essere dimenticata allorquando si pensa a questa riforma.

A tal proposito, è il caso di ricordare che il disegno di legge specifica che la magistratura rimarrà un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere dello Stato. Non si tratta, quindi, di mettere sotto controllo i pubblici ministeri o di sottoporli all’esecutivo, come talvolta si è temuto, ma di garantire che le funzioni siano svolte da figure professionali con percorsi distinti e specializzati.
L’obiettivo principale rimane quello di migliorare l’efficacia del processo e la qualità della giustizia, rafforzando la percezione di imparzialità e di credibilità delle istituzioni giudiziarie. La separazione delle carriere dovrebbe contribuire a ridurre le criticità legate a possibili conflitti di interesse ed a rendere più trasparente il funzionamento del sistema giudiziario.

Inoltre, questa riforma rappresenta una tappa importante nel percorso di modernizzazione e rafforzamento dello Stato di diritto in Italia. Promuove un sistema più chiaro e trasparente, in cui ogni figura ha ruoli ben definiti e responsabilità precise, contribuendo a rafforzare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni giudiziarie.

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