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Confisca definitiva per oltre 21 milioni di euro nei confronti di un gruppo imprenditoriale reggino contiguo ai Labate

01082025 025704 Foto Palmi

Erano rimasti coinvolti nell’operazione “Heliantus” e il patrimonio era già stato sequestrato nel 2020

Il Comando Provinciale della Guardia di finanza di Reggio Calabria ha dato esecuzione a una sentenza emessa dalla Corte di Appello di Reggio Calabria, divenuta irrevocabile a seguito di pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, con la quale è stata disposta la confisca definitiva di beni, per un valore complessivo di oltre 21 milioni di euro, nei confronti di alcuni appartenenti a un gruppo imprenditoriale reggino contiguo alla ‘ndrangheta.

Il provvedimento è la normale conseguenza di quanto successo già nel 2020 a seguito dell’operazione “Heliantus” dopo la quale il tribunale aveva disposto un primo sequestro di beni in quanto riteneva che questi imprenditori fossero contigui con la cosca Labate, operanti nel settore del noleggio di slot machines, degli strumenti per la pratica di giochi on-line e della gestione dei centri di raccolta scommesse, ottenendo così una posizione dominante nel settore.

A tutto ciò si devono aggiungere i reati di concessione abusiva di linee di credito ai clienti, l’esercizio del gioco illegale e le estorsioni aggravate dal metodo mafioso, come nel caso in cui, nel 2012, era stata messa una “bombetta” per costringere un debitore a onorare un pagamento di 60 mila euro.

Inoltre i destinatari dell’odierna misura patrimoniale, nel 2009 avevano ereditato, con il favore della ‘ndrangheta, la grossa fetta di mercato in precedenza gestita da un altro imprenditore reggino – noto come il “re dei videogiochi” – poi condannato definitivamente nel 2014 per diversi reati aggravati dal metodo mafioso nonchè colpito nel 2015 da misura di prevenzione personale e patrimoniale in quanto indiziato di “appartenenza mafiosa”. Da quel momento in poi gli utili delle società a loro riconducibili hanno subito un’impennata improvvisa, generando ulteriore ricchezza che è stata anche alla base dell’espansione in territorio milanese.

Queste risultanze sono state rafforzate anche dalle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia di rilevante spessore che hanno confermato gli stretti legami di questi imprenditori sottoposti a confisca con esponenti della cosca Labate, preposta alla gestione di plurime attività illecite, tra cui quelle legate ai giochi e alle scommesse, soprattutto nei quartieri Gebbione e Sbarre.

Emergevano, tra l’altro, rapporti con un esponente della cosca Labate che riceveva regolari pagamenti di denaro da una impresa senza svolgere alcuna attività lavorativa per conto della stessa, nonché con una seconda persona che, nell’interesse del gruppo imprenditoriale e della consorteria di appartenenza, si incaricava di varie mansioni, dal recupero crediti – anche con modalità estorsive – a servizi di “polizia privata” in caso di piccoli furti di denaro presso sale scommesse o da gioco.

E’ stata ritenuta, perciò, sussistente la pericolosità sociale dei destinatari della misura di prevenzione in argomento (uno dei quali deceduto nel corso del giudizio di primo grado), in quanto “imprenditori collusi con la ‘ndrangheta, in grado di gestire in posizione paritaria rapporti in interscambio con le locali cosche di criminalità organizzata” e “attesa la loro dedizione alla commissione di delitti sia di natura estorsiva, sia in materia di esercizio abusivo del credito e dell’attività di giochi e scommesse”.

La rilevante attività d’indagine patrimoniale svolta dal Gruppo della Guardia di finanza di Reggio Calabria ha fatto emergere, attraverso complessi e articolati riscontri investigativi, un compendio patrimoniale direttamente nella disponibilità dei componenti di questo gruppo imprenditoriale, il cui valore è risultato decisamente sproporzionato rispetto alle loro capacità reddituali manifestate.

Alla luce di tali risultanze, dapprima la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria disponeva il sequestro di prevenzione del patrimonio a loro riferibile. Tale provvedimento è stato poi confermato dalla successiva sentenza emessa dalla Corte di Appello di Reggio Calabria (fatta eccezione per n. 4 immobili), divenuta irrevocabile a seguito di pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, con la quale è stata, pertanto, disposta la confisca definitiva su tutto il patrimonio già in sequestro, costituito da 4 beni immobili (abitazioni e terreni), 7 società e disponibilità finanziarie, per un valore complessivo stimato in oltre 21 milioni di euro.

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