<p><strong><em>Da medico è stato il fondatore dell’epatologia in Calabria. Da studioso, un apprezzato cultore della storia normanna nell’Italia meridionale. Un sentito ricordo</em></strong></p>



<p>di Franco Cimino</p>



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<p><em>Si è spento il fondatore dell’epatologia in Calabria e tra i primi a livello nazionale, Saverio Montebianco Abenavoli.</em></p>



<p><em>Nato a Palmi il 25.04.1938, ha conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Messina. Medico apprezzato dai suoi tantissimi pazienti, specie quelli più poveri e più bisognosi di cure ai quali si è dedicato con la sua riconosciuta professionalità, per 27 anni è stato Direttore di Struttura Complessa all’ex ospedale Pugliese di Catanzaro.</em></p>



<p><em>Era anche un grande cultore della storia normanna nell’Italia meridionale e scrittore di numerosi testi sull’argomento. Ha ricevuto riconoscimenti a livello internazionale non solo per la sua attività scientifica ma anche per la sua passione di storico e di uomo di cultura.</em></p>



<p><em>La camera ardente è stata allestita nella Casa Funeraria Elysium. La benedizione verrà impartita martedì alle ore 11, seguita dalla tumulazione nel cimitero di via Paglia a Catanzaro.</em></p>



<p><em>Proponiamo questo sentito ricordo di Franco Cimino.</em></p>



<p>Eravamo amici, noi due.<br>Amici come si può essere tra due persone – potrei dire due personalità – diverse. Distinti e distanti sotto quasi tutti i profili.</p>



<p>Saverio ed io siamo sempre stati, per la differenza d’età, il vecchio e il giovane. Il saggio e l’istintivo. Lo scienziato e l’umanista. Lo storico e – mi si lasci passare il termine – il poeta, così almeno alcuni mi definiscono, io vergognandomi. Il medico e il professore. Il maestro e l’allievo.</p>



<p>Il carattere, per quanto aperto e socievole in entrambi, era diverso: rigoroso il suo, parecchio leggero e quasi concessivo il mio.</p>



<p>Nonostante queste differenze, Saverio ed io eravamo diventati amici. Ma a distanza, però, perché tranne rare occasioni – per quanto ce lo promettessimo – non ci vedevamo mai.</p>



<p>Tuttavia, la nostra amicizia maturò nel rapido passaggio da una forte stima reciproca a una sorta di affetto crescente.<br>Ci si parlava tramite messaggi WhatsApp. Brevi, ma intensi.<br>Ci si scambiava scritti ed opinioni – Saverio, in particolare, di carattere storico. Storia antica e medievale: la sua area di ricerca e di studio. L’epoca normanna: la sua passione. E in qualche modo anche la sua forte simpatia per alcuni personaggi di quell’epoca.</p>



<p>Attraverso le sue ricerche storiche, i suoi studi rigorosi, egli perlustrava da cima a fondo la storia della Calabria.<br>Ne coglieva gli aspetti più salienti e quelli che, a lui, risultavano più interessanti. E li esaltava.<br>Li sottolineava anche nel racconto parlato, che faceva nelle diverse conversazioni, e che l’interlocutore ascoltava rapito per la sua straordinaria capacità affabulatoria.</p>



<p>La Calabria che ne veniva fuori è una Calabria di cui andare orgogliosi.<br>Una Calabria coraggiosa, anche guerriera, delle fazioni in lotta e delle occupazioni. Della difesa strenua contro le diverse forme di dominazione.<br>Una Calabria religiosa e colta. Ambiziosa e volenterosa.<br>Una Calabria di regnanti e del popolo. Terra ricca. Anche della fruttuosità di se stessa.<br>Terra piena di risorse e baciata dal sole più bello. Coperta dal cielo più bello. Accarezzata dal mare più bello.</p>



<p>Calabria della buona nobiltà, quell’antica e gelosa del proprio onore.<br>Una terra grande. Da amare.</p>



<p>E qui il ricercatore si fa maestro, quando afferma con severità che per amarla, la Calabria, devi conoscerla a fondo. In particolare in quell’epoca straordinaria di passaggio.</p>



<p>La crisi – sempre più profonda – in cui da molto tempo versa la Calabria, lui la spiegava soprattutto con questa mancanza d’amore. Quasi identitario, ironizzava.<br>Una mancanza di sentimento dovuta essenzialmente alla mancata conoscenza della storia di questa terra, per natura meravigliosa.</p>



<p>La debolezza progressiva delle classi dirigenti aveva, secondo lui, un’origine ben precisa: l’ignoranza.<br>E non c’è nulla di peggio di chi non conosce se stesso. Di chi non conosce la propria origine.<br>Infatti, chi non sa da dove viene, non saprà dove andare.<br>E infatti, la Calabria ancora non lo sa.</p>



<p>Questo amore pedagogico di Saverio mi aveva catturato.<br>Come la caparbia insistenza nel voler coinvolgere anche me, nonostante la mia iniziale disattenzione, verso questo amore pulsante di ragione. Al ritmo frenetico di una storia dimenticata.</p>



<p>Non si arrendeva, Saverio.<br>Se pensava che tu potessi fare qualcosa per migliorare questa terra – soprattutto sul piano culturale, prima ancora che morale – non ti mollava affatto.<br>Ti scriveva. Ti inviava libri. Ti stimolava alla lettura. Ti interrogava con il suo metodo raffinato, da persona gentile e rispettosa.</p>



<p>Domande corrette, educate, accompagnate da discrezione, per non metterti in difficoltà. E, però, assai stimolanti.<br>E messe lì, come un leggero rimprovero.</p>



<p>Per quanto mi giustificassi con le solite scuse dell’uomo super impegnato, nella gentilezza con cui lui mi si rivolgeva, mi sentivo sempre in imbarazzo. E in colpa. Così andavo a leggere almeno in parte i suoi voluminosi libri, e le pagine più importanti – almeno quelle che più mi interessavano – delle sue opere straordinarie.</p>



<p>Non gliel’ho detto, perché non me l’ha domandato, che l’ultimo libro che mi ha spedito per posta è ancora dentro il plico e la busta che lo conserva.<br>Plico rimasto sepolto sotto la montagna di scartoffie e disordine, con cui copro il mio disordine generale e il mio vertiginoso voler fare cento cose in una stessa giornata, che di ore ne ha sempre e solo ventiquattro.</p>



<p>Ma, non risultando un’offesa contro di lui, questa mia disattenzione mi sarà molto utile, perché con l’improvvisa scomparsa di questo intellettuale straordinario – oserei dire figura davvero rara nel panorama culturale italiano – mi si imporrà l’obbligo di andarlo a leggere.</p>



<p>E con più profondità e attenzione. Con maggiore curiosità verso questa montagna di sapere e di sentimenti che, in tanti, abbiamo sottovalutato.</p>



<p>Mi auguro fortemente che le istituzioni – in particolare quelle culturali, dai centri di ricerca alle università, dalle scuole alle biblioteche – si impegnino nella stessa direzione, per scoprire e valorizzare le qualità di uno storico possente e di un intellettuale inquieto, che tanto ha fatto per la nostra terra.</p>



<p>Non solo dal punto di vista scientifico ma anche culturale. Il patrimonio che ci lascia è una ricchezza inestimabile, che dovrà essere messa in evidenza affinché concorra alla crescita complessiva della nostra regione.</p>



<p>A me, personalmente, la sua improvvisa scomparsa lascia una tristezza profonda e inaspettata.<br>E la domanda “bambina” su quegli 87 anni bugiardi, per l’illusione che la sua creatività ed efficienza ci dava nel vederlo sempre giovane e vivace. Ottimista ed eterno.</p>



<p>Ah, dicevo della nostra amicizia.<br>Che c’era davvero.<br>Due persone sono amiche quando, fuori dalle convenzioni, uno apre il cuore all’altro e viceversa.</p>



<p>Il campo migliore in cui farla germogliare è quello in cui si parla dei figli. E dei figli dell’altro si domanda.</p>



<p>Saverio, di Lodovico ed Elena, ne parlava con una gioia contagiosa.<br>Orgoglioso com’era dei risultati conseguiti da loro. In particolare, sempre fiero del primogenito, medico, docente, scienziato.</p>



<p>“Complimenti, Saverio” – gli dicevo ad ogni comunicazione sui successi dei suoi ragazzi – “Molto merito è tuo.”</p>



<p>La sua risposta non cambiava mai:<br>“No, Franco. Il merito è tutto loro. Io li ho aiutati soltanto a crescere.”</p>

Con Saverio Abenavoli scompare un grande calabrese

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