Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 24 agosto
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime, carissimi,
con questa pagina del Vangelo di Luca siamo in cammino con Gesù verso Gerusalemme, la città che “uccide i profeti” e, fra qualche giorno, ucciderà anche Lui “con la morte di croce” (San Paolo).
“In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà:” Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà:” Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”… » (Luca 13, 22. 30).
Le città dell’antichità erano protette da alte mura con la porta carraia, attraverso la quale entravano comodamente carri, carrozze, vettovaglie. Al calar del sole la grande porta si chiudeva. Restava aperta per qualche emergenza una piccola e stretta porta, attraverso la quale si entrava uno alla volta, senza pesi ingombranti.

Gesù, nell’insegnamento, parte sempre da realtà concrete, tangibili, per far sì che il messaggio resti impresso nelle menti degli uditori. Oggi, attraverso l’immagine della porta stretta, Gesù ci dice che, nella vita, l’importante è “essere” e non tanto “avere”: proclama, così, il primato dell’uomo sulle cose.
I primi cristiani, fedeli alla parola del Maestro, hanno rinunciato al potere, alla ricchezza, alla cultura dominante. Hanno subito persecuzioni (10 feroci persecuzioni nei primi 300 anni da Nerone a Diocleziano!) discriminazioni ed emarginazioni. Tuttavia, attraverso il messaggio della “porta stretta”, sono riusciti, nell’arco di pochi anni, a raggiungere ed impregnare del messaggio di Cristo tutto il mondo allora conosciuto. Hanno ingaggiato, con successo, la dura battaglia contro la schiavitù, l’infanticidio, il dominio dell’uomo sulla donna. Il tutto sigillato dalle parole di Paolo: “non c’è più giudeo, né greco, non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù”(Galati 3, 28).
Ma ben presto, dopo l’edito di Costantino, (Milano 313 dopo Cristo) le comunità cristiane, anno dopo anno, scelgono “la porta larga”.
Sono molti, difatti, ad aprire le porte dopo la caduta del paganesimo: i nuovi imperatori, le classi ricche, gli ambienti culturali. E così, i cristiani, abbandonato lo spirito profetico delle origini, percorrono strade larghe a tal punto che nessuno può dirsi totalmente cristiano… e, oggi, porte larghe e strade larghe sono tutte le scorciatoie (teorizzate da Zygmunt Bauman in la Città liquida) che ci portano a vivere la vita liquida e precaria, vissuta in condizioni di continua incertezza, con la paura di essere colti alla sprovvista e rimanere indietro.
Ciò che conta, quindi, è la velocità non la durata, con conseguente stress, paura sociale ed individuale, città alienanti, legami fragili e mutevoli…”.
Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: Signore aprici! Ma egli vi risponderà: non so di dove venite”.
Questo duro monito di Gesù, oggi, lo potremmo tradurre con queste suggestioni: Signore, aprici! Siamo tuoi amici, abbiamo preso parte a tante messe, abbiamo, con solennità, celebrato matrimoni, comunioni, ci siamo confessanti, comunicati almeno a Pasqua. Signore, aprici! Lo confessiamo: siamo rimasti fuori, perché nella lista delle buoni azioni c’è Dio, ma non i nostri fratelli, c’è la devozione ai santi, ma non la fraternità, ci sono solenni liturgie, ma non la vita donata ai più piccoli. Lo abbiamo capito: “non si può amare Dio impunemente” (Davide Maria Turoldo). È necessario pagare sempre qualcosa a qualcuno col prezzo della propria vita! E quindi, aprici, Signore!
Buona domenica.
Don Giuseppe Fiorillo.