Intervento di Alessia Piperno, delegato sindacale SMI per l’ASP di Vibo Valentia
Era il 10 luglio 2025, l’ASP di Vibo Valentia annunciava l’attivazione della “task force Emergenza Estate”, una misura straordinaria per gestire in modo efficiente le emergenze sanitarie durante i mesi estivi. L’iniziativa nasceva in risposta alla possibile carenza di personale sanitario nelle ambulanze del 118 e mirava a garantire i trasferimenti urgenti per i pazienti con bisogni critici. Nella nota stampa si leggeva di medici ed infermieri che “si sono resi disponibili e reperibili” e di una nota ufficiale tramite la quale l’ASP comunicava alla cittadinanza l’attivazione del servizio fortemente voluto dal direttore della struttura complessa di Medicina e Chirurgia d’accettazione e d’urgenza.
Ricordando questa notizia, Alessia Piperno, delegato sindacale SMI per l’ASP di Vibo Valentia, avvia un suo intervento con il quale avverte che: “fino ad oggi, questi soccorsi continuano ad essere eseguiti dal 118, con personale medico annesso”.
“Più volte – spiega il delegato SMI che, a sua volta, medico del 118 – il territorio è rimasto privato per ore dell’unica ambulanza medicalizzata presente in turno. Personalmente mi è capitato, per citare l’ultimo di troppi esempi, di essere attivata da Tropea per il trasferimento di un paziente dal pronto soccorso di Vibo Valentia al reparto UTIC di Lamezia Terme. Chiaramente unica ambulanza medicalizzata presente in turno in tutta la provincia. Tutto il soccorso, dalla partenza al rientro in postazione, per un tempo di circa 3 ore. Allora mi chiedo, come mai non è stata attivata la “task force Emergenza Estate”? Annunciata l’attivazione è stata mai realmente messa in servizio? La centrale operativa unica 118 era stata informata con nota ufficiale?”.
“Il progetto sarebbe stato ovviamente utile – osserva Alessia Piperno – il problema è che nessuno ne ha visto la reale attuazione. A pagare il primo conto troviamo la centrale operativa del 118, costretta a gestire il territorio non solo con un’ambulanza in meno, anche senza l’unica ambulanza medicalizzata. Va da sé che il conto più salato sia a carico dei cittadini stessi, privati troppo spesso anche dell’ultima speranza e costretti a questo punto a rivolgersi al pronto soccorso anche per codici minori. Arrivati a destinazione potranno unirsi ai pazienti in fila per un posto letto. E qui, ecco il terzo conto da pagare, quello di tutto il personale del pronto soccorso. Tra un codice rosso ed un codice bianco, richieste per esami diagnostici e consulenze specialistiche, dimissioni e pazienti in osservazione, devono anche iniziare la ricerca disperata di un posto letto. Ecco che i pazienti si “accumulano” insieme alle responsabilità ed al nervosismo di tutti”.

Quindi, Alessia Piperno ricorda ancora: “Nel mese di settembre 2022 il SUEM118 solo a Vibo Valentia, su due ambulanze, presentava tutti i turni medicalizzati (10 medici in totale) e molto spesso vi erano turni con tutte le ambulanze di tutta la provincia medicalizzate. Tra due mesi circa il SUEM118 di Vibo Valentia conterà, sempre su due ambulanze, solo 4 medici e dai primi mesi del prossimo anno ne resteranno 2”.
Una situazione, quella descritta, preoccupante. Ma l’esponente sindacale dei medici dell’Asp di Vibo Valentia non si limita alla denuncia, lania anche delle proposte: “Ci sono colleghi disposti a coprire turni nel 118 in libera professione, accogliamoli! Anche solo uno, sarebbe sempre un turno medicalizzato in più a servizio dei cittadini. L’unico reale aiuto che abbiamo avuto è stato quello fornito dalle ambulanze private con soccorritori, servizio attivo solo per 2 mesi e fortemente voluto dal direttore del SUEM118 area Sud, dott. Andreacchi, in accordo con il commissario Piscitelli. Forse sarebbe il caso che tale servizio restasse attivo almeno fino alla reale messa in servizio delle ambulanze Victor volute dalla Regione Calabria”.
La conclusione è un’amara considerazione: “I cittadini calabresi hanno bisogno di una sanità pubblica che funzioni e di una sanità privata scelta per “volere” e non per “costrizione”. Abbiamo bisogno di posti di lavoro e di giovani che scelgano se restare o andarsene. Il nord Italia è pieno di medici calabresi partiti perché la nostra terra non ha saputo trattenerli a sé. Impiegano la loro professionalità laddove viene riconosciuta e valorizzata. Se ognuno di loro avesse trovato tutto questo in Calabria, a quest’ora probabilmente saremmo stati noi ad accogliere pazienti da altre regioni.