Dall’operazione della Guardia di Finanza d Reggio Calabria è emerso quello che viene giudicato uno “scenario allarmante”
Una nuova bufera si è abbattuta sulla sanità della Locride con l’operazione odierna condotta dal Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria che ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di due medici di base operanti nel territorio della locride, che sono risultati indagati – insieme ad altre 142 persone e a diverso titolo – per falso in atto pubblico commesso da pubblico ufficiale e truffa ai danni dello Stato.
Il provvedimento restrittivo – emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Locri, su richiesta della locale Procura della Repubblica diretta da Giuseppe Casciaro – costituisce l’esito di una complessa attività investigativa, avviata a seguito della presentazione di una denuncia da parte di un privato cittadino e condotta dal Gruppo della Guardia di finanza di Locri, anche con il ricorso a voluminose acquisizioni documentali e mirate attività di intercettazioni telefoniche e ambientali. In particolare, è emerso quello che viene giudicato uno “scenario allarmante” nell’ambito del quale i medici di base procedevano, in maniera definita “spregiudicata” e “disinvolta”, al rilascio di numerosi certificati di malattia in favore di beneficiari – perlopiù braccianti agricoli – attestando periodi di infermità anche di lunga durata, sovente come prosecuzione di precedenti certificazioni, senza effettuare alcuna visita medica consentendo ai destinatari di beneficiare indebitamente di numerose assenze sul posto di lavoro e la percezione illecita delle relative indennità di malattia, da parte dell’INPS, per un importo complessivo di quasi 70 mila euro.
È risultato finanche che talvolta la durata della malattia veniva decisa al momento, anche in autonomia dai pazienti stessi, arrivando a certificare per pazienti appartenenti allo stesso nucleo familiare la medesima diagnosi (patologia al braccio e disturbi d’ansia) per identico periodo temporale.
Emblematico è il caso di una certificazione per “sindrome ansioso depressiva” con una prognosi di 20 giorni ritirata presso lo studio di uno dei due medici indagati in una mattina d’estate dalla madre dell’interessato, un giovane bracciante agricolo, che al momento della certificazione della malattia era “tutt’altro che ammalato ma serenamente a letto”, dopo aver fatto “le ore piccole” la notte precedente.