Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 7 settembre
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime, Carissimi,
con questa pagina siamo sempre col Vangelo di Luca e siamo sempre in viaggio verso Gerusalemme. Mettiamoci in ascolto del testo di questa 23.ma domenica del Tempo Ordinario:
In quel tempo una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle, e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo… Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi non può essere mio discepolo». (Luca 14, 25 33)
Per ben tre volte Gesù ripete parole dure e severe: “Non può essere il mio discepolo”.
Per essere suoi discepoli, ieri come oggi, c’è bisogno di tre condizioni.
Prima condizione: amore incondizionato.
Amare Lui più di tutto e di tutti non si tratta di una sottrazione, ma di un’addizione, di un valore aggiunto, “del morso del più” (don Luigi Ciotti).
Gesù non soffoca i sentimenti nobili e naturali verso padre, madre, fratelli … ma li eleva con un di più, li purifica alla luce del suo messaggio di giustizia, di pace, di gratuità. Le relazioni parentali, spesso inquinati da amori malati, sono un tarpare ali e sradicare radici. Gesù, al contrario, dà più ali per spaziare in alto e più radici per avere più sicurezza nel viaggio della vita. Gesù vuole amori totali, non dimezzati: chi ama Lui ama tutti. Gesù non é un concorrente, non è un rivale in amore, ma uno che, nell’incontro, apre nuove visioni, apre il cuore ad una famiglia universale: “Chi è mia madre, chi sono i miei fratelli? Poi stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: “ecco mia madre, ecco i miei fratelli, perché chiunque fa la volontà del Padre mio questi è mio fratello, sorella e madre”. (Matteo 12,48-50).
Seconda condizione: prendere la croce.
La scelta della croce è una scelta di vita, è l’abbracciare un progetto non di grandezza e sicura vittoria, ma un progetto, il cui segno é l’amore per l’umanità, affinché possa liberarsi da tutte le schiavitù nelle quali convive con profonda sofferenza. Oggi prendere la croce per noi, amici di Gesù, è sfidare la cultura di morte (guerre, droghe, mafie, corruzioni) che domina e condiziona l’umanità intera. Scegliere vuol dire, oggi, rompere tutti questi legami che incatenano e soffocano la libertà dei figli di Dio. Perché Gesù esige tanto dai suoi discepoli? Perché sa che “l’unica via che dalla terra porta al cielo è la scelta della croce” (Santa Edith Stein, vittima della Shoah, Auschwitz, 9 agosto 1942).
Terza condizione: la rinuncia dei beni.
La rinuncia non è l’abbandono del frutto del proprio lavoro, ma un atto di libertà, conseguenza di una profonda trasformazione interiore. È liberarsi dall’ansia: io ho, io accumulo e, quindi, valgo per quanto posseggo. “Un uomo non vale mai più di quanto possiede o per il colore della sua pelle, ma vale per la qualità dei suoi sentimenti” (Martin Luther King). Il denaro è un buon servitore, ma un cattivo padrone e nessuno può servire due padroni: non potete servire Dio e mammona (ricchezza) (Matteo 6,24). Oggi i ricchi epuloni del mondo hanno scelto mammona. Si sono impadroniti, con violenza, dei beni primari della terra, “terra data da Dio a tutti gli uomini, perché la custodissero, la lavorassero, e ne mangiassero i frutti (Genesi). Oggi i potenti fanno e disfanno come vogliono con grande sofferenza soprattutto dei Popoli del terzo e quarto mondo, creando, così, una moltitudine che sempre più sprofonda nella miseria più nera. “Voi ricchi temete l’ira dei poveri, perché se si dovesse, a causa vostra, scatenare questa ira, sarete tutti travolti”. (San Paolo Sesto, Populorum Progressio).
“Chi ci libererà da questo corpo votato alla morte? (Romani, 7, 24). Ci libererà la Grazia di Cristo e ci sosterrà l’audacia “dei folli di Dio”, i santi, i quali con Maria sognano sempre che “Dio ha rovesciato i potenti dai troni ed ha innalzato gli umili” (Magnificat).
Buona domenica con l’augurio che anche noi possiamo trovare un piccolo spazio tra “i folli di Dio”.
Don Giuseppe Fiorillo.