Questa rievocazione non è stata un semplice spettacolo, ma un atto di consapevolezza e di memoria grazie all’organizzazione della Pro Loco presieduta da Gabriele Runca
Una pagina dimenticata del Risorgimento calabrese torna a rivivere a Filadelfia, attraverso la rievocazione storica della Repubblica Universale del 1870, grazie all’organizzazione della Pro Loco di Filadelfia presieduta da Gabriele Runca.
Il progetto, ambizioso e ricco di significato, ha coinvolto i numerosi presenti – tra i quali molti turisti, oltre che tante persone giunte da ogni parte della Calabria – dando significato al risveglio di un ideale democratico, ricostruendo, con rigore storico e partecipazione popolare, l’insurrezione del 1870, un gesto di ribellione repubblicana ispirato agli ideali di Giuseppe Mazzini, maturato proprio a Filadelfia in un momento cruciale per il processo unitario italiano.
D’altronde che questo evento sia avvenuto a Filadelfia non fu casuale, perché questa è una terra nata per la libertà. Infatti, Filadelfia non era nuova ai moti rivoluzionari. Già nel 1799 era stato piantato l’albero della libertà, e il vescovo Giovanni Andrea Serrao, primo martire della repubblica partenopea, aveva proclamato la repubblica. Nel 1848 la città divenne quartier generale degli insorti, ospitando oltre 4000 volontari. Una tradizione ribelle e democratica che culmina simbolicamente nel 1870. Tra i protagonisti dell’epoca spiccano Ricciotti Garibaldi, Raffaele Piccoli – reduce dello sbarco dei Mille – e il giornalista Giuseppe Giampà, espressione viva del pensiero mazziniano. Ed infatti, significativa è stata la presenza del gruppo dei Gentiluomini Garibaldini di Vibo Valentia guidati da un discendente di uno dei partecipanti all’impresa dei Mille.



È giusto, quindi, riproporre i fatti della Repubblica di Filadelfia del 1870, che non fu un episodio isolato, ma l’atto finale di un vibrante movimento mazziniano fiorito nella Calabria centrale. Fu un tentativo audace di imprimere una svolta democratica a un processo unitario che, pur avviandosi a conclusione, non rispecchiava appieno gli ideali più progressisti.
Nonostante la sua brevissima durata e i modesti risvolti militari, la rivolta dell’8 maggio 1870 rappresentò un significativo coagulo di ideali democratici. Frange sociali, non rassegnate al consolidamento di un assetto monarchico, occuparono il Comune, liberarono i carcerati e issarono la bandiera repubblicana, arrivando persino a coniare una carta moneta con la dicitura “Dio e Popolo”.
Questo evento memorabile si è tramandato nella memoria collettiva anche attraverso il motto popolare: «fazzu l’uottumaju», ovvero “faccio l’ottomaggio”.



La sua breve ma intensa esistenza, in un periodo di forti tensioni politiche e sociali, segnò un passo importante verso il sogno di un’Italia democratica e partecipativa, sogno che si compirà solo con la Repubblica Italiana nata dopo il referendum del 1946.
Questa rievocazione non è stata un semplice spettacolo, ma un atto di consapevolezza e di memoria, un modo per mantenere viva la cultura e farla dialogare con il presente. È stata l’occasione per riflettere sul significato di parole come libertà, giustizia, partecipazione, oggi più che mai attuali.
Riscoprire il passato e la propria storia significa riconoscere che ciò che siamo oggi è il frutto di cammini, lotte, speranze e visioni che ci hanno preceduto. È un atto di dignità e di identità, attraverso cui una comunità si specchia nelle proprie origini e ritrova il senso profondo del suo stare insieme.