…rimane fermo un principio sottolineato anche dalla Lega Araba: il presupposto per la creazione dello Stato Palestinese è l’emarginazione di Hamas
di Franco Cimino
Lo abbiamo scritto e ripetuto cento volte: questa redazione – ed il suo direttore in particolare – si sente sempre e senza indugi né dubbi al fianco del popolo ebraico; ricorda e non dimentica che l’origine di questa ultima tragedia (ultima in ordine di tempo) prende avvio dal truce, inumano atto terroristico del 7 ottobre; riconosce l’assioma di “due popoli, due stati” non accettando però che il riconoscimento della Palestina coincida con il riconoscimento di un’organizzazione terroristica quale è Hamas.
Questa redazione – e ancora più convintamente il suo direttore – non ha dubbi che la fine della tragedia di Gaza possa passare solo dalla sconfitta nel mondo arabo-islamico della linea fondamentalista che vuole la soppressione di Israele, ma anche che, parimenti in Israele, di chi con un progetto altrettanto fondamentalista ha come obiettivo una Palestina tutta israeliana. Ma non possiamo non evidenziare e denunciare come, pur tra tanto clamore politico e mediatico, faccia spicco il silenzio di Governi e opinioni pubbliche sulle esplicite indicazioni contenute nella Dichiarazione di New York nello scorso mese di luglio – e che il 12 settembre è stata votata come risoluzione ONU che la ha recepita, con 142 voti favorevoli, 10 contrari e 12 astenuti” – dove è sottolineato anche dalla Lega Araba che il presupposto per la creazione dello Stato Palestinese è l’emarginazione di Hamas; dichiarazione alla quale sembra nessuno voglia dare attuazione e che ha invece un valore enorme, storico. Perché siamo convinti che questa dovrebbe essere la linea della comunità internazionale e delle opinioni pubbliche democratiche che oggi unanimemente – e forse giustamente – condannano l’invasione di Gaza nel modo in cui il governo Netanyahu la sta portando avanti.
Anche per questo – professando ed applicando l’irrinunciabile principio della “libertà di pensiero” – questa redazione non ha avuto il minimo dubbio a pubblicare questo intenso, sofferto intervento del nostro apprezzato opinionista Franco Cimino, perché – sebbene convintamente al fianco del popolo ebraico riconoscendo Israele come unico baluardo della democrazia in un’area dove nessun altro stato può definirsi tale, o, forse, proprio per questo – non si può ignorare che, in questo momento, è in atto una guerra che va assumendo i connotati di un’azione di punizione collettiva, una devastazione sistematica della popolazione civile, che non raggiungerà certo l’auspicata liberazione degli ostaggi. Ed allora, è necessario riflettere che oggi il Governo Nethanyau sta diventando parte del problema ed è per questo che crediamo utile sostenere l’opposizione a Netanyahu e al contempo dare forza e sostegno ai palestinesi di Gaza che lottano per liberarsi dalla feroce dittatura di Hamas.
La Pace (volutamente scritta con la maiuscola) in questo lembo di terra sarà possibile solo attraverso il reciproco riconoscimento, che però deve passare innanzitutto dalla sconfitta di chi vuole l’annientamento di Israele (Hamas) e quindi dalla fine di una guerra che ha come principali vittime le popolazioni civili. Crediamo che la risposta militare non è l’unico strumento per combattere il terrorismo: serve la lungimiranza di cogliere l’opportunità di quella che gli esponenti di Europa Radicale hanno definito una ‘Offensiva di Pace’: fondata su diritto, giustizia e riconoscimento reciproco, che è l’unico percorso che può condurre al riconoscimento dello stato palestinese”.
Avendo, come redazione, chiarito ed espresso la nostra opinione e posizione su questo delicato, drammatico argomento che riguarda per intero l’opinione pubblica dei Paesi occidentali e democratici, invitiamo ora alla lettura di questo pezzo a firma di Franco Cimino.
Da ieri, dal cielo di Gaza, hanno cominciato a cadere le stelle. Cadono da uno spicchio blu scuro su un lungo corridoio di terra risplendente al sole e brillante alla luna. Cadono per fare luce sul cammino dei duecentomila palestinesi che hanno voluto resistere su quella terra, la loro, soffrendo e morendo. Resistere per non doverla abbandonare. Ricevuta dai padri per consegnarla ai figli.
Andarsene adesso, costretti dai più feroci nemici ad abbandonarla, con la forza delle armi e la spinta violenta dei carri armati. Le stesse armi che hanno già ucciso figli e madri, padri e vecchi. Giovani e bambini. Ucciso quasi tutti, perché i vecchi non abbiano da conservare e tramandare la storia di questa terra. Le donne non possano partorire. I padri non abbiano a generare. I bambini non debbano crescere per vendicare quelle morti dei padri e delle madri. E non possano lavare il sangue raggrumato sulla terra resa infruttifera dal fuoco che l’ha bruciata. I giovani non possano ricostruire dalle macerie il Paese mai nato, e su di esso lo Stato precancellato. Negato. E che però esiste e vivrebbe su quella terra, e sull’altra in continuità territoriale, che conserva il nome antico.
Perché per i carnefici che vivono d’odio non basta ucciderli tutti, i palestinesi. Non basta cacciarli dalla loro terra, l’atto più disumano. Devono cancellarli come popolo e cultura. Ché non è sufficiente rubargli ogni avere, beni, affetti, sentimenti, credo religioso. E le ricchezze, grandi e molteplici. E i diritti, naturali e civili. È d’obbligo, quindi, per loro, che non ne resti uno solo in vita. Non resti un lembo di terra. Una sola zolla dalla quale possa nascere un fiore. Ché nasce sempre un fiore da un soffio di terra. Anche da una roccia, quando la vita cerca e le alita dentro. Un fiore si fa frutto dell’Amore. E poi albero. Il più forte. Con radici profonde e rami ricchi di foglie cangianti di vita e colore. Alti, che sembrano toccare il cielo, braccia di un popolo che prega.
Anche quel Dio che, su quella terra di morte e di miseria, sembra non si veda ancora. Quel Dio voluto diverso e in guerra contro l’altro, e dai carnefici invocato quale agente purificatore e padre “giusto”, che giustificherebbe quella tempesta di lutti e dolori. E legittimerebbe quella rapina a mano armata nei confronti di uomini e donne innocenti, anche della colpa loro ascritta di essere palestinesi. Pure concepiti quali complici di quell’organizzazione divenuta terroristica con l’orrore consumato il sette ottobre di due anni fa. Azione demoniaca portata contro altre persone inermi e innocenti, condannate a morte, allo stupro e alla prigionia da sequestro, tutte orribilmente colpite in quanto ebrei.
Orrore che, dalla tragedia degli ebrei “genocidiati” dal nazifascismo, si rinnova per le mani degli eredi di quei morti, dispersi come fumo acre e nero nel cielo più nero sopra Dachau, Auschwitz-Birkenau e altri campi, che sono stati luoghi di sofferenza, torture e morte per milioni di persone durante il regime nazifascista. Oggi quei figli di Israele, i pochi oligarchi seduti sul potere agito contro la vita prima che contro la libertà, non hanno appreso nulla dalla perdita del senso umano della vita e della storia.
Cadono, allora, le stelle per coprire le voragini che i missili caduti prima di loro a migliaia hanno creato. Scendono, quelle stelle, sui vuoti lasciati dalle case e dai palazzi abbattuti. E si posano come segnaposto per quando chi lì vi abitava dovesse tornare. Per ricostruire la casa sulla terra che appartiene loro.
E cadono le stelle dal cielo apparentemente riposato dalle ferite inferte da aerei e missili. Cadono per sostituirsi al pianto asciutto delle madri, che non hanno più lacrime per piangere i figli trucidati. Cadono le stelle per schiudere la bocca dei bambini a una qualche forma di sorriso, che per due anni è stato cancellato dalle grida di disperazione e dal tormento. Cadono le stelle sugli occhi terrorizzati dei bambini e delle donne e su quelli già malati dei vecchi, che hanno perso la parola e faticano a conservare la memoria della felicità.
Cadono dal cielo le stelle sull’ipocrisia di coloro i quali, governanti e propagandisti prezzolati in prima fila, fanno finta di accorgersi soltanto ora dell’orrore che si sta consumando da due anni sulla terra bagnata dal mare più bello e benedetta dall’unico Dio, buono e giusto, che l’ha creata.
E cadono sulle parole bugiarde di quell’Europa che oggi, solo oggi, finge di condannare Israele con sanzioni ridicole. E con quella, anche più ridicola, condanna ai due ministri di quel governo che, dichiarando Gaza una miniera d’oro, un nuovo Eldorado da trasformare in una ridente riviera d’oro, altro non fanno che ripetere ciò che ha detto il presidente degli Stati Uniti all’atto della sua elezione, quando ha presentato anche un progetto con tanto di planimetria e fotografie. Progetto davvero macabro, disegnato su quelle macerie sotto le quali ancora sono sepolti migliaia di palestinesi, la maggior parte dei quali sono ragazzi, come i nostri.
E infine cadono, come mi ha detto la mia splendida Ludovica nell’intenso colloquio di ieri sera, le cinquanta stelle della bandiera americana e le dodici della bandiera europea. Cadono, pesantemente, dal cielo di Gaza sul mondo. Cadono per rompere le indebolite certezze di un mito che un tempo ha fatto grande l’America delle grandi frontiere. E su un’idea d’Europa che, a causa degli egoismi e dei nazionalismi resistenti, sembra contraddirsi rispetto alla grande speranza che i suoi ideali di Libertà, Progresso e Pace hanno, come il più bell’arcobaleno, disegnato sul cielo dell’umanità.