Quanti calabresi fuori regione per lavoro o studio oggi non possono votare? Bisogna far viaggiare il voto, non l’elettore!
Oggi la Calabria è chiamata al voto. Ma quanti calabresi non ci saranno? Quanti ragazzi, ragazze, studenti, giovani lavoratori, sparsi tra le città del centro e del nord Italia, guarderanno questa giornata da lontano, con un misto di frustrazione e amarezza?
Sono più di 300 mila, secondo un conteggio approssimativo ma realistico. Un’intera generazione che, per studiare o lavorare, ha dovuto fare le valigie. Che magari avrebbe anche voluto votare. Che si sarebbe sentita parte, voce, speranza del cambiamento. Ma che, ancora una volta, viene esclusa.
Non per disinteresse. Non per pigrizia. Ma perché lo Stato, la Regione, la politica non glielo permettono.
Il diritto al voto, che dovrebbe essere garantito e facilitato, in Calabria diventa un lusso: devi tornare fisicamente nel tuo comune, anche se vivi a centinaia di chilometri, anche se non puoi permetterti il viaggio, anche se hai turni di lavoro, esami da sostenere, affitti da pagare, mentre la Costituzione sancisce che il voto è personale ed eguale, libero e uguale. Ma oggi in Calabria il voto non è uguale per tutti. Chi resta ha voce. Chi parte, no.
Eppure, facciamo votare gli italiani all’estero per corrispondenza. Ma non i calabresi a Bologna, a Milano, a Torino, a Firenze e nelle tante altre città dove sono costretti ad andare per lavoro, studio…
Questa non è solo una mancanza burocratica. È una ferita democratica. È un segnale brutale: se vai via, non conti più.
Non bastava che tanti giovani fossero costretti ad andarsene per avere un futuro. Ora gli diciamo che quel futuro, in Calabria, non lo possono neanche scegliere.
E non bastano più le promesse, le proposte lasciate nei cassetti, le mozioni approvate e poi dimenticate. Servono soluzioni concrete: voto elettronico, voto anticipato, seggi speciali per fuorisede. Ma soprattutto, serve volontà politica.
Continuiamo a chiederci perché i giovani si allontanano dalla politica e perché la Calabria resta indietro, ma la verità è che li lasciamo fuori. Li vogliamo cittadini solo a intermittenza: contribuenti sì, ma elettori no.
Perché non è normale che nel 2025 un giovane debba attraversare l’Italia per mettere una croce su una scheda. Per il referendum costituzionale del 2020 fu prevista una deroga. Oggi, invece, nulla. Non è giusto che il voto viaggi solo per chi è già lontano da anni, e non per chi vorrebbe tornare, per chi sente ancora questa terra come casa.
Il punto è che bisogna far viaggiare il voto, non l’elettore.
Perché senza questi nostri giovani, senza la loro visione, la loro energia, il loro diritto di scegliere, la Calabria non cambia. E forse, nemmeno sopravvive.