Riflessioni sulle pagine del Vangelo di domenica 12 ottobre
di Mons. Giuseppe Fiorillo
Carissime, carissimi,
oggi, con questa pagina del Vangelo della 28.ma domenica del tempo ordinario, siamo sempre con Luca e sempre in cammino verso Gerusalemme. Gesù vuole incontrare per l’ultima volta coloro che da Scribi e Farisei sono ritenuti perduti e dare loro fiducia e coraggio per uscire dalle loro “periferie esistenziali”.
Ecco il testo: “Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversa la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: “Gesù, maestro, abbi pietà di noi!”. Appena li vide, Gesù disse loro: ” Andate a presentarvi ai sacerdoti”. E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro, lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un samaritano. Ma Gesù osservò: “Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?”. E gli disse: “Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato!” (Luca 17,11-19)”.

Umanità malata.
Sono dieci lebbrosi come il numero minimo per aprire un’assemblea sinagogale. Sono dieci lebbrosi, di paesi diversi, di storie diverse, ma uniti dalla comune sofferenza e dall’unica voce che grida:”Gesù, maestro, abbi pietà di noi”.
I lebbrosi attraversano le pagine della storia d’Israele. Una volta dichiarati immondi, venivano cancellati dall’anagrafe della Sinagoga e venivano allontanati e regolati dalle norme contenute nel capitoli 13 e 14 del Levitico: camminare a testa nuda, indossare vestiti particolari, abitare in grotte o capanne, sempre lontani dagli agglomerati umani e, alla vista di persone, gridare: “sono immondo, immondo”. Questa la situazione desolante dei lebbrosi!
Ecco perché Gesù, ogniqualvolta incontra dei lebbrosi, li guarisce. Gesù è per la vita di comunità: questo è il motivo per cui li manda dai sacerdoti, custodi dell’anagrafe, per essere riscritti in quei registri dai quali erano stati cancellati e riprendere, così, la vita normale. Oggi, Gesù non guarisce i dieci sul posto, come altre volte, ma li mette in cammino chiedendo loro un supplemento di fiducia: “Andate e presentatevi ai sacerdoti”. Ed essi vanno… e nel cammino si trovano guariti tutti e dieci. Nove si smarriscono nel turbine della felicità, nel calore della famiglia ,negli abbracci degli amici. Uno, solo uno, travolto dallo stupore, torna indietro ed è un samaritano, uno scismatico. Solo lui viene a ringraziare e solo lui viene dichiarato salvato da Gesù.
Perché una cosa è guarire nel corpo, vittoria della vita sulla morte, un’altra è entrare nella salvezza, nell’integrità di tutta la persona, unità di corpo, mente e spirito.
Oggi abbiamo urgente bisogno di Gesù per essere guariti nel corpo (quanti tumori, quanti infarti, quanta infermità nel mondo!), ma ancor di più abbiamo bisogno di essere salvati “dalla lebbra del peccato” con la liberazione dalle malattie ben più grandi di quelle fisiche:
- liberati dal nostro egoismo, dalle nostre avidità di rapina dei beni della terra che Dio ha dato a tutti;
- liberati dal chiuderci dentro la cerchia delle nostre famiglie, del nostro casato, del nostro club, della nostra chiesa;
- liberati dal nostro cuore che non sa andare oltre l’indifferenza, malattia del nostro tempo, carico di fragilità;
- liberati dalla nostra incapacità di essere solidali, con chi soffre, con chi non ha nulla, con chi è diverso, con chi è costretto a sradicarsi dalle proprie radici, con chi è discriminato dalla logiche perverse del potere.
Abbiamo bisogno di guarigione,sì, ma,ancor di più, di salvezza, di uomini e donne che dicano “grazie”… perché la gratitudine è la memoria del cuore, é la felicità raddoppiata dalla sorpresa.
Buona domenica con un avvertimento: “guarire gli uomini dalla loro ingratitudine è ben più difficile che guarirli dalle loro malattie fisiche” (Jacques Maillot).
don Giuseppe Fiorillo.