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Della celebrazione di un solo vincitore, il culto della potenza e del super-io che lo impersona

trump alla knesset

&NewLine;<p> <strong><em>Il dolore e il suo superamento&comma; la lotta&comma; il combattimento&comma; e infine la quiete che segue&period; L’odio e l’amore&comma; la sconfitta e la vittoria&comma; i vinti e i vincitori<&sol;em><&sol;strong><&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>di Franco Cimino<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<&excl;--more-->&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>In quella in cui&comma; in Egitto&comma; non è stato ancora firmato a più mani il cosiddetto accordo americano-israeliano per la pace — sul medesimo teatro&comma; quello mediorientale&comma; e in particolare lungo la linea di confine che separa Israele dalla Striscia di Gaza&comma; sono andate in scena due opere&colon; il dramma e la commedia&period;<br>Entrambe scritte e dirette dagli stessi autori&colon; cultori dell’odio e della potenza&comma; costruttori di guerre per ricostruire ricchezze sulla guerra stessa&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>Le due rappresentazioni sono legate da un unico motivo&colon; la speranza&period;<br>Ambedue si muovono secondo lo schema proprio del teatro&colon; il dolore e il suo superamento&comma; la lotta&comma; il combattimento&comma; e infine la quiete che segue&period; L’odio e l’amore&comma; la sconfitta e la vittoria&comma; i vinti e i vincitori&period; La fatica del vivere&comma; la fame e l’opulenza&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>Due opere rappresentate sotto un’unica regia — sempre la stessa — sullo stesso palcoscenico&comma; sul quale non è ancora calato il sipario ma da cui già si levano&comma; dalla grande platea e dai loggioni&comma; le urla festose e le acclamazioni dei tifosi dell’unica commedia possibile&colon; quella del vincitore&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>Commuovono le immagini delle decine di migliaia di palestinesi lungo la strada che costeggia quel mare magnifico e li riconduce verso le città dalle quali sono stati cacciati o dalle quali sono dovuti fuggire per non morire massacrati come i loro parenti&comma; amici e conoscenti&period;<br>Tornano nella speranza di ritrovare qualcosa delle loro case distrutte&comma; o almeno un frammento delle loro vite sepolte sotto le macerie&period; Cercano&comma; in quel che resta della loro forza fisica&comma; la possibilità di ricostruire con le proprie mani le loro città&comma; di ripulire dal fuoco&comma; dalle ceneri&comma; dalle schegge quelle terre che essi stessi avevano coltivato&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>Commuove&comma; poco più distante da quella lunga strada&comma; l’immagine doppia delle vite degli ostaggi israeliani&colon; i pochi superstiti liberati dalle prigioni sotterranee di Hamas&comma; dove erano stati rinchiusi dal tragico e orribile 7 ottobre di due anni fa&comma; e i corpi dei loro compagni morti di stenti o uccisi durante la prigionia&period;<br>Dall’altra parte del confine — più volte violato — un’altra scena&colon; quella della liberazione di un numero molto maggiore di palestinesi&comma; i &OpenCurlyDoubleQuote; soldati” di Hamas prigionieri nelle carceri di Tel Aviv&comma; restituiti alle loro comunità&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>Qui si consuma il dramma&comma; tra fatiche&comma; lutti&comma; dolori&comma; rabbia&comma; ansia&comma; gioia e speranza&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>La commedia&comma; invece&comma; è andata in scena a Tel Aviv&comma; sul palcoscenico della Knesset&comma; sede del Parlamento&comma; dove il vincitore di tutte le battaglie — come celebrato da tutti i corifei — è stato incoronato come egli stesso forse non immaginava&period;<br>Il Presidente degli Stati Uniti d’America è stato accolto con gli onori riservati agli imperatori che la storia ha reso grandi&comma; e richiamato in tal senso anche dalle parole del portavoce del Parlamento&comma; del capo del governo israeliano e perfino del leader dell’opposizione&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>È stata una grande festa che ha incoronato il nuovo imperatore del pianeta&period;<br>E lui&comma; preso la parola in mondovisione&comma; con la sua riconosciuta teatralità accattivante&comma; è andato oltre la stessa celebrazione della propria grandezza&comma; oltre la stessa incoronazione&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>Nel suo discorso di settanta minuti&comma; il Presidente americano ha pronunciato un solo pronome&colon; &OpenCurlyDoubleQuote;Io”&period;<br>&OpenCurlyDoubleQuote;Io ho chiuso&comma; in otto mesi&comma; otto guerre&period; Io sono l’artefice della fine della più drammatica&period; Io ho liberato gli ostaggi&period; Io ho costruito un’America più grande&comma; più ricca&comma; più potente&comma; più temuta&comma; più rispettata che mai&period; Io ho sostenuto Israele&comma; militarmente ed economicamente&comma; portandola a una vittoria schiacciante nella quale pochi credevano&comma; persino in Israele&period; Io ho avviato un disegno che renderà ricchi o più ricchi tutti gli amici dell’America&comma; attraverso gli investimenti nella ricostruzione di Gaza e delle aree distrutte dalle guerre&period; Io prenderò con me questi nuovi protagonisti del nuovo assetto planetario&colon; chi resterà fuori diventerà povero&comma; debole&comma; ed esposto alla violenta reazione americana se solo tenterà di opporsi&period; Io sono il padrone del mondo&period;”<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>Io — il mio io piccolo&comma; minuscolo — oggi mi sono sentito incredibilmente vecchio&period;<br>La memoria che mi batte nel petto non ricorda di aver mai udito parole così inquietanti&comma; un discorso tanto arrogante&comma; una dichiarazione di volontà di imperio così manifesta come quella pronunciata oggi dal Presidente americano&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>Ho dovuto riflettere a lungo&comma; prima di scrivere&comma; come faccio ogni giorno da tre anni&comma; sui fatti di guerra e sulla disperante speranza della pace&period;<br>Ma i commenti ascoltati per tutto il pomeriggio — chi con enfasi&comma; chi con prudenza&comma; ma tutti elogiativi del discorso e della persona del capo dell’amministrazione americana — mi hanno spinto a dire ancora una volta della mia preoccupazione per ciò che sta accadendo&colon; il silenzio assordante delle opinioni pubbliche e delle intelligenze del mondo politico e culturale su un processo di risistemazione degli equilibri mondiali per nulla rassicurante&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>Nel discorso di oggi&comma; nell’Io elefantiaco&comma; c’erano solo affari&period;<br>Solo economie che devono muoversi in direzione della ricchezza di chi è capace di produrla per sé e per il proprio Paese&period; L’umanità non c’era&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>Nell’Io ipertrofico di quel discorso&comma; la celebrazione dei vincitori&semi; nessuna parola per i vinti&period;<br>L’esaltazione della forza fisica&semi; nessuna parola per i deboli&period;<br>L’esaltazione della ricchezza come strumento di potenza&semi; nessuna parola per la povertà e per i poveri generati da quella cultura della ricchezza&period;<br>La riaffermazione del culto della potenza militare e del valore assoluto delle armi nella soluzione dei conflitti&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>E in tutto questo&comma; nessuna parola per le vite umane&period; Nessuna per i morti&period;<br>Nessuna per chi ha fame e sete&comma; per chi è nudo&comma; per chi è stato cacciato dalle proprie terre e derubato delle proprie ricchezze&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>In quell’Io che non finisce mai c’è persino un’idea religiosa&colon; la convinzione della propria natura divina e del ruolo salvifico che si attribuisce nel mondo&period;<br>Un Io che non concepisce il Noi&comma; e dunque non riconosce né la libertà autentica né la democrazia vera&comma; quella che libera gli altri liberando prima se stessa dal culto della potenza&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>In quell’Io odierno&comma; proclamato nel Parlamento israeliano&comma; c’è un’idea particolare della pace&colon; quella quiete che arriva solo quando il potente non trova più nulla da distruggere&comma; né vita da uccidere&period;<br>Una pace imposta dal vincitore&comma; senza o contro gli sconfitti&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>In quell’Io&comma; infine&comma; c’è l’avvertimento ai Paesi non allineati&colon; abbiate paura&period;<br>E c’è l’esaltazione dello Stato di Israele come rappresentante di tutti gli interessi di questa nuova pace mediorientale&period; E la promessa che Israele esisterà sempre&comma; ma nessuna parola sulla nascita dello Stato palestinese&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>Neppure un richiamo al patto di Oslo del 1993&comma; quello di Arafat e Rabin&comma; che prevedeva due popoli e due Stati liberi e indipendenti&period; Solo un riferimento retorico al Patto di Abramo&period;<&sol;p>&NewLine;&NewLine;&NewLine;&NewLine;<p>Fermo restando che tutto ciò che fa cessare una guerra e gli ammazzamenti è cosa straordinariamente utile e bella — anche se sospesa su un filo sottilissimo — io continuo a restare vigile e criticamente attento a tutte le dinamiche che si intrecciano sulla paura&comma; sottile ma profonda&comma; che il nuovo mondo che si vorrà far nascere non sia più bello di quello che oggi vorremmo lasciare&period;<&sol;p>&NewLine;

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