La denuncia del sindaco di S. Gregorio d’Ippona, Pasquale Farfaglia. Fratture interne, accuse incrociate e dimissioni che favoriscono la sinistra: il centrodestra vibonese implode tra personalismi e mancanza di una rotta comune
Non c’è dubbio che il “Caso L’Andolina” stia scuotendo la politica vibonese. Le dimissioni dei consiglieri provinciali di Forza Italia e il conseguente scioglimento del Consiglio provinciale hanno aperto una faglia politica che va ben oltre la contingenza amministrativa. A questo si è poi aggiunto il tentativo di far cadere Corrado L’Andolina anche da sindaco di Zambrone (fatto questo che avrebbe provocato la sua caduta anche da Presidente della Provincia), alla fine non riuscito perché il rappresentante del PD (finora in maggioranza al Comune ma all’opposizione alla Provincia), ha mantenuto la sua fedeltà al sindaco, provocando però l’ira della segretaria provinciale del suo partito, che lo ha proposto per l’espulsione.
Insomma, un guazzabuglio politico, che si ingarbuglia sempre più dilaniando soprattutto Forza Italia, partito del quale fa parte L’Andolina così come ne fanno parte i consiglieri provinciali che si sono dimessi e che lo rinnegano. Eppure, malgrado tutto questo, si scopre adesso che non tutta Forza Italia è schierata contro L’Andolina, perché c’è chi lo difende e lo sostiene.

La conferma arriva con le parole del sindaco di San Gregorio d’Ippona e componente del comitato provinciale di Forza Italia, Pasquale Farfaglia, che aprono uno squarcio profondo all’interno del centrodestra vibonese e impongono alcune domande inevitabili: sul nome di L’Andolina è scattata una resa dei conti dentro Forza Italia di Vibo Valentia? Quante Forza Italia esistono oggi nella provincia? E, soprattutto, quali saranno le conseguenze politiche di questa frattura, alla luce, oltretutto, del recente flop elettorale alle regionali?
Pasquale Farfaglia, in una nota durissima ha denunciato «un attacco personale e politico» ai danni di L’Andolina, definendo le dimissioni dei consiglieri come un atto “incomprensibile” e “autolesionista”.
Il ragionamento di Farfaglia è lineare: la crisi non nasce da divergenze amministrative — anzi, il presidente avrebbe garantito risanamento, trasparenza e legalità — bensì da motivazioni politiche, quando non addirittura personali. In altri termini, la frattura non riguarda il “come” si governa, ma “chi” deve governare.

Parole pesanti, che fanno capire come Forza Italia a Vibo Valentia non sia più un partito unitario, ma una somma di correnti e rivalità interne. Una frattura che oggi rischia di avere ripercussioni anche a livello regionale, specie dopo la débâcle elettorale che ha ridimensionato l’influenza degli azzurri vibonesi nel centrodestra calabrese.
Se questa lettura è corretta, la vicenda vibonese non è un incidente di percorso, ma il sintomo di una malattia strutturale: l’incapacità di Forza Italia di gestire il dissenso interno senza trasformarlo in scontro distruttivo.
È dunque legittimo chiedersi se, dietro il nome di L’Andolina, non si celi una vera e propria resa dei conti interna. Le accuse di “arroganza istituzionale” e “cattiva gestione” rivolte al presidente da esponenti del suo stesso partito sembrano più un pretesto che un giudizio politico fondato.
In realtà, il dissenso contro L’Andolina appare come la manifestazione visibile di una battaglia per la leadership dentro Forza Italia vibonese, in un contesto in cui la rappresentanza politica si è frantumata in cerchie e cordate personali.
Si potrebbe dire, parafrasando una vecchia formula, che a Vibo Valentia non esiste più una Forza Italia, ma più Forza Italia: una che difende la continuità istituzionale, una che trama per nuovi equilibri, e forse una terza che guarda altrove, verso altre collocazioni nel centrodestra o nella galassia civica.
Ma al di là delle dinamiche interne, la conseguenza politica di questa crisi è già evidente. Le dimissioni dei consiglieri hanno determinato la caduta del Consiglio provinciale e il rinnovo anticipato, ma non del presidente. Il risultato? Un rimescolamento dei voti ponderati che oggi favorisce il centrosinistra, passato da una posizione di minoranza a una di vantaggio numerico nel Comune capoluogo. Infatti, la sinistra oggi si trova in una posizione di vantaggio nei voti ponderati del Comune capoluogo, passando da 9 consiglieri su 31 a una maggioranza di 22.
Farfaglia non lo nasconde: «I nostri consiglieri hanno favorito di fatto la sinistra». Una constatazione amara, che suona come una condanna politica.
Nel tentativo di colpire L’Andolina, parte di Forza Italia ha finito per indebolire l’intero fronte di centrodestra. È l’ennesimo paradosso di un partito che, invece di fare opposizione agli avversari, sembra concentrato nel demolire se stesso.
Il punto, oggi, è capire cosa resti di Forza Italia a Vibo Valentia dopo questo scontro. Il partito, già uscito ridimensionato dal recente flop alle regionali, appare privo di una strategia territoriale e incapace di definire una leadership riconosciuta.
L’assenza di una direzione politica autorevole ha lasciato spazio ai personalismi, agli ego, ai localismi che si alimentano in un vuoto di visione.
Il caso L’Andolina, in questo senso, non è un episodio isolato ma il sintomo di un declino organizzativo e culturale: la perdita di quella coesione interna e di quella “forza moderata” che un tempo rappresentavano l’identità stessa di Forza Italia.
La conclusione di Farfaglia — «auspico un ritorno alle regole di partito e soprattutto agli ideali di Forza Italia che impongono prima di tutto il rispetto della persona» — suona come un appello alla ragione. Ma la domanda resta aperta: è ancora possibile ricostruire un partito in cui la lealtà interna non sia vista come debolezza e in cui la dialettica politica non degeneri in vendetta personale?
A Vibo Valentia, la risposta a questa domanda non riguarda solo il destino di L’Andolina o dei consiglieri provinciali. Riguarda la sopravvivenza stessa di Forza Italia come forza politica coerente.
Perché un partito che si divide su se stesso, che confonde la competizione con la faida e la politica con il rancore, è un partito che rischia di non avere più futuro.