I dati sono rilevati dal documento della Rete L’Abuso presieduta da Francesco Zanardi, che denuncia una realtà “in larga parte ancora sommersa”
La Calabria, pur non essendo la regione più colpita, registra dati drammatici sul fronte degli abusi sessuali legati al clero. Secondo il secondo Rapporto nazionale diffuso dalla Rete L’Abuso, nel territorio calabrese sono stati censiti 51 casi, di cui 48 commessi da sacerdoti, due da catechisti e uno da un laico. Le vittime complessive sono 156, tra cui 149 minorenni, 128 uomini, cinque adulti vulnerabili, una suora e una persona disabile.
Il documento della Rete, presieduta da Francesco Zanardi, denuncia una realtà “in larga parte ancora sommersa” e sottolinea come in Italia manchi un sistema di prevenzione efficace per la tutela dei minori. Zanardi evidenzia l’assenza di strumenti normativi adeguati e l’impossibilità di applicare standard europei come il certificato anti-pedofilia, chiedendo una riforma legislativa che introduca l’obbligo di denuncia per tutti i cittadini.
A livello nazionale, il Rapporto censisce 1.250 casi accertati, di cui 1.106 commessi da sacerdoti, con un totale di 4.625 vittime, in gran parte minorenni e di sesso maschile. La Calabria, sebbene lontana dai numeri della Lombardia (174 casi) o del Piemonte (103 casi), rappresenta comunque un quadro preoccupante.
Il rapporto evidenzia inoltre che oltre il 75% dei casi (839 su 1.106) non è mai stato denunciato all’autorità giudiziaria, evidenziando la dimensione sommersa del fenomeno. Molte vittime, spiegano gli esperti, rinunciano a sporgere denuncia a causa dei lunghi tempi dei procedimenti canonici, che spesso fanno maturare la prescrizione dei reati in sede penale.
Gli abusi si verificano principalmente in contesti parrocchiali, scolastici ed educativi cattolici, e le vittime sono quasi sempre minorenni di sesso maschile. La Rete L’Abuso denuncia la scarsità di condanne canoniche e penali: in Calabria, come in altre regioni, le sentenze definitive restano pochissime rispetto al numero di episodi documentati.
«Il fenomeno non può più essere considerato solo una questione interna alla Chiesa – afferma Zanardi – ma deve diventare una priorità di salute pubblica e giustizia collettiva».
La Calabria, con i suoi 51 casi, testimonia l’urgenza di interventi concreti e strumenti di prevenzione adeguati a proteggere i minori.









