Alla guida del Corriere dello Sport, con quel titolo semplice e geniale “Eroici” ha battuto il record di vendite dei quotidiani. Arrivò a Il Domani e riuscì a ripetere quel miracolo giornalistico
di Maurizio Bonanno
La notizia mi raggiunge quando è ormai passata da pochi minuti la mezzanotte. Mi coglie di sorpresa, mi sgomenta, mi avvolge nella sua immane tristezza. La mente vola indietro di qualche anno, al biennio 1998-1999, i miei anni nella carta stampata a Il Domani della Calabria, una avventura editoriale strana che regalò a questa regione il “brivido” di una novità, un modo diverso e innovativo di fare giornalismo, forse non del tutto compreso, perché fu soprattutto una meteora che, però proprio con lui, con Domenico Morace alla direzione, visse un periodo eccezionale e di inatteso record di vendite.
Mimmo Morace, il più grande giornalista sportivo calabrese e tra i più famosi in Italia di tutti i tempi, è morto in una casa di cura di Cinquefrondi, dove era stato ricoverato da due giorni dopo una lunga degenza nel reparto rianimazione del Grande Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria.
Nato a Reggio Calabria il 1° febbraio 1943, giornalista professionista iscritto all’Ordine della Calabria dal 1° gennaio 1966, Domenico Morace, è stato direttore del quotidiano Corriere dello Sport – Stadio dall’11 ottobre 1986 al 28 febbraio 1991 ed è stato anche direttore del settimanale Guerin Sportivo dal marzo 1994 al luglio 1996. Su proposta dell’allora segretario del Sindacato Giornalisti della Calabria, Carlo Parisi, era stato nominato per acclamazione presidente onorario dell’Ussi Calabria.

Il Domani della Calabria vide la luce nel 1997. Io, divenuto nel frattempo giornalista professionista, avevo deciso di mettermi alla prova lasciando la stupenda esperienza televisiva di TeleSpazio, dove, da conduttore di Tg, avevo raggiunto una bella notorietà in regione, per buttarmi su quello che si presentava come una novità, un “esperimento” di giornale quotidiano in Calabria. Dopo aver preso parte attiva alla sua costruzione, al momento di andare in edicola assunsi la guida della redazione di Vibo Valentia. Il giornale era partito con tanto entusiasmo, ma il decollo era lento. serviva una sterzata, un colpo capace innalzarlo e fargli prendere il volo. Fu chiamato alla direzione Domenico Morace.
Chiusa l’esperienza del Guerin Sportivo, il settimanale che aveva diretto dal marzo 1994 al luglio 1996, dopo che aveva lasciato la direzione del Corriere dello Sport, Morace si gustava una sorta di pensione anticipata passando da un canale Rai all’altro, richiestissimo tra Domenica Sportiva, 90° Minuto e Processo del Lunedì con Biscardi. Corteggiato da tutti, ospite gradito per i suoi modi pacati quanto decisi, tranquilli quanto perentori, portandosi appresso la fama del giornalista recordman. Lunedì 12 luglio 1982, dopo la vittoria dell’Italia nel Mondiale di Spagna, Mimmo Morace direttore del Corriere dello Sport – Stadio aveva celebrato il trionfo azzurro con lo storico titolo di apertura della prima pagina “Eroici” che raggiunse il record assoluto italiano di vendite di un quotidiano: 1.699.966 copie, battuto solo dopo 24 anni dopo.

Il suo arrivo a Il Domani fu come un tornado. Mi volle alla redazione centrale, dovendo lasciare a Patrizia Venturino la guida della redazione vibonese. Divenni da subito uno dei suoi fidati: da caporedattore, divenni il suo “vice di fatto” avendo assegnato a me il compito di “chiudere” il giornale. Ero tra i pochi a potergli dare del “tu”: un orgoglio, un piacere, ma anche un peso, perché proprio a me consegnò il ruolo di “caporedattore di chiusura, ovvero l’onere di siglare il giornale – quello storico “visto si stampi” – che precede il momento in cui si accende la rotativa. Il biennio 1998-1999 fu una stagione indimenticabile, il mio personale “master”, il mio “corso di specializzazione”, la mia “superlaurea” in giornalismo. Perché Morace era un direttore severo e inflessibile: capace di regalarti lodi esaltanti, così come rimproveri potenti, sfuriate dirompenti: il più piccolo errore, una svista appena, un refuso sfuggito erano degni della più severa condanna. Indimenticabile la prima riunione di redazione la mattina: ogni giorno si cominciava dall’analisi del giornale in edicola, con tanto di matita rossa e blu a segnalare quello che non andava. Solo dopo si passava all’organizzazione del lavoro di redazione, della nuova impaginazione.
Che esperienza! Che lezioni! Che crescita professionale!

Che tocco magico il suo! Anche Il Domani, infatti, sotto la sua direzione toccò punte record di vendite per un quotidiano calabrese. Fui io a lasciare il giornale (perché chiamato ad un’altra bellissime e gratificante esperienza umana personale, quale assessore della mia città) e dopo poco anche lui scelse la strada del buon retiro nella sua Reggio Calabria.
Ma quella esperienza rimane per me ancora oggi, a distanza di tanti anni, indimenticabile: un modello di riferimento che non ho mai mancato di tenere presente, di ricordare pubblicamente, ogni volta che si è presentata l’occasione. L’aver conquistato la sua fiducia, l’essere stato una sorta di “suo secondo” in redazione, avere avuto l’onore della sua stima e della sua amicizia rimane uno dei momenti esaltanti della mia storia professionale e della mia vita personale.
Ma da oggi non c’è più: Mimmo Morace ci ha lasciati!
Una carriera sempre in crescita, la sua, costellata da successi e da riconoscimenti unici nella storia del giornalismo sportivo, che – ricorda Pino Nano – lui viveva con grande nonchalance, come se il fatto non lo riguardasse. Inseguiva passioni ed emozioni e raccontava tutto questo con una freschezza e una modernità che i più grandi cronisti sportivi gli invidiavano pubblicamente.
Profondo il cordoglio del sindacato dei giornalisti Figec che si stringe attorno alla famiglia tutta con un commosso abbraccio ai figli Daniele e Luciano, colleghi giornalisti, alla figlia Laura che, fino all’ultimo l’ha assistito assieme alla mamma Patrizia, al fratello Aldo Maria. Il segretario generale Carlo Parisi ricorda Mimmo Morace come «una stella di primaria grandezza nel firmamento del giornalismo sportivo, ma soprattutto un gran signore d’altri tempi che disarmava tutti con il suo garbo, la sua gentilezza, il suo rispetto nei confronti di tutti».

Ancora Pino Nano ricorda: «Faccio un mestiere bellissimo, quello del giornalista – raccontava Mimmo Morace a Reggio in occasione di uno dei tanti premi ricevuti alla carriera – un mestiere che ho fatto per 50 anni e che ogni volta che mi fermo ricomincerei a fare da capo, anche se personalmente non mi ritrovo più a mio agio nel giornalismo di oggi. Ci sono giornali che si fanno la guerra quasi fosse una competizione tra bande. Ci sono giornalisti che sembrano aver dimenticato le due regole basilari per chi ha scelto di fare questo mestiere: la sintassi e la “consecutio”. Come si può leggere un giornale in cui il congiuntivo è un lusso?».
E mi ritornano in mente quelle riunioni mattutine, quando riuniva, giornale in mano, tutta la redazione prima di iniziare la nuova giornata di lavoro. Coniugava bonomia e severità, un sorriso dolce ed un ghigno rabbioso, concedeva fiducia ma ti caricava di responsabilità, perché il nostro mestiere è bellissimo solo se è al servizio del lettore e noi siamo al servizio della gente così come siamo al servizio della notizia.
Mimmo Morace se ne va portando con sé i valori di un giornalismo che oggi rischia di essere sopraffatto dai “modi social” che stanno invadendo la comunicazione e che noi, allievi di questi Maestri, abbiamo il dovere di tutelare e difendere.
A me oggi non rimane che la tristezza di questo addio ed una sola parola ripensando ai doni che mi ha fatto, tra stima ed amicizia: “Grazie. Grazie Mimmo. Grazie Maestro!”.











